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Il Web è morto – lunga vita ad Internet!


Ricordate la dichiarazione di Prince di qualche settimana fa? 20Ten stava conquistando un largo pubblico attraverso il Daily Mirror e Prince donava con grande generosità un’intervista alla stampa inglese dove dichiarava: “Internet is Over”.

Ora, Chris Anderson di Wired (l’autore di The Long Tail: Why the Future of Business is Selling Less of More e di Free: The Future of a Radical Price ) precisa meglio e dice: “Il Web è morto! Lunga vita da Internet”. In sostanza, Anderson sottolinea la crescita nell’uso delle applicazioni (le c.d. apps disponibili su iPhone o su altri smartphone) a discapito dell’utilizzo del Web. Spesso, in realtà, si fa confusione parlando di Web e considerando tutto quanto è Internet, mentre il Web è solo uno dei servizi (basato sul linguaggio Html). Per esempio, un altro servizio largamente usato su Internet è la posta elettronica.

Questa dichiarazione di Anderson fa scopa con quella di Prince, che (forse?) senza volere aveva pronosticato già qualcosa. Dire in giro che Internet era finito, faceva tanto figo, ma qualche ragione l’aveva (ne avevamo parlato nel post Chi Disprezza Ama).

Ora ci domandiamo: Prince sarà in grado di traslocare baracca e burattini nel mondo delle apps? Dopo il ragionamento di Anderson, Prince dovrà essere in grado di inventare una sua app e ottenere due piccioni con una fava: dare un nuovo giochino ai suoi fan – sempre pronti a dimostrare il loro affetto per lui e la sua musica – e raccogliere qualche centinaio di migliaia di dollari per l’ennesima volta.

In fin dei conti, ultimamente lui ha criticato l’utilizzo sfrenato della musica attraverso strumenti dicotomici (in altre parole, con lettori Mp3 tipo iPod), ma era stato uno tra quelli che aveva fatto vendere – a cifre stratosferiche – un iPod firmato con il suo logo – ricordate il The Prince Opus? (https://www.thisisopus.com/prince/).

Insomma, non che una “Purple Apps” non ci faccia piacere, ma un po’ di coerenza ogni tanto sarebbe apprezzata.

Uomo avvisato mezzo salvato!

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20ten

#tbt del blog Trentuno Ventuno, articolo pubblicato il 13 agosto 2010 in occasione dell’uscita di 20Ten e su Facebook il 27 giugno 2019. Così per ricordare i vecchi tempi e dare qualche esempio ai nuovi amici. Buona lettura.

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Arrivato da qualche giorno (via Daily Mirror) il nuovo lavoro di Prince 20Ten, mi sono seduto e me lo sono gustato. Queste le mie sensazioni, emozioni, raccolti in pochi appunti. Spero possano essere utili.

Compassion
Prince parte con un punk rock, velocissimo. Charleston quasi distorto mentre le chitarra di Prince parte da sinistra per fare il bello ed il cattivo tempo a destra. Progressione di accordi molto semplice. Bridge strumentale: synth in stile anni 80 e brass di Maceo, Greg e Ray. Chorus magico, ritornello orecchiabile: all’inizio significa poco, ma poi entra in testa. Voce femminile decisamente a destra da sola. Crash e chitarre ritmiche. Assolo di chitarra e sezione di fiati.

Begininng Endessly
Ritmica rimbalzante con il rullante in evidenza. Il shake in levare e i timpani che raccolgono le forze. La voce sembra essere solo quella di Prince. Le armonie vanno di un semitono all’altro. Solo synth e tastiere. Niente chitarre. Prince chiuso in studio, canta davanti al mixer. Eco sulle tastiere a riempire. Parte sinfonica magistrale ed entra la seconda parte, chitarre ritmiche, con un ottimo bridge, anzi grandioso. I cori di Prince. Sempre il rullante a fare la differenza. Niente piatti, i crash sono fatti con la tastiere. Trae in inganno.

Future Soul Song
Solo ritmica iniziale, poi piano tremolo destra/sinistra. Ritmica di controllo sotto flanger. Prince canta, per una volta, nel suo registro più basso e funziona. Dove l’aveva tenuto nascosto? Parte il coro e la sensualità dei sogni. La chitarra pulita fa la comparsa a sottolineare la bellezza della canzone. Nel ritornello compare la batteria in ottavi. Chitarra in assolo sulla stessa melodia del ritornello. E’ pop, certo, classico anni 60, non un soul. Magico. Solo chitarra e tastiera finale. Prince sa di avere tra le mani una canzone bellissima e vuole suonarla all’infinito.

Sticky Like Glue
Omaggio al funky anni 80, quando Prince stava diventando Prince. Tremolo synth ritmico a destra e sinistra. Basso suonato con la tastiera, chitarra funky e pulita. Ritmica essenziale, clap per tutto il brano, charleston batte i sedicesimi quando serve per seguire la voce, che si muove nell’ennesima melodia bellissima. “E’ un dato di fatto che non posso vivere senza te”. Prince ritorna a rappare e lo fa con gusto, sovrapponendo la voce. Molto curato nei dettagli, ma semplice. Da ballare.

Act of God
Grancassa e rullante. Assente il charleston. Synth e chitarre a fare la ritmica. Tom tom a sostenere il ritornello. Chorus ed urla femminili decisamente a sinistra. Assenti i piatti, ritorna il clap. Mixato su registri bassi, sento un leggero effetto sulla voce di Prince. Cori femminili in stile gospel. Ritornano i tom tom.

Lavaux
Prince ci riporta ai meravigliosi concerti di Montreux di un anno fa. Funky veloce, ritmica in carico alle tastiere. Sempre con gusto. Melodia ben costruita. Prince la canta su due ottave differenti. Mi pare di sentire un basso suonato: è lui che picchia sulle corde! Chitarra bella pulita e funky. Mi piace. Mi trascina. Prince non si ferma per alcun motivo. Se ne farebbero di cose con un brano così tra le mani. Lui lo dedica alle vigne di Lavaux ed al Portogallo. E a Carugate chi ci pensa? Solo 3 minuti di musica. Crash finale e stop. Period.

Walk in Sand
Pare essere una vera batteria! L’inizio ricorda qualcosa di nero, di New York, con i ricci e che si è appena sposata. Brano pop con piano, basso, chitarra acustica e batteria. Niente tappeti, niente orpelli inutili. Solo la melodia a fare la sua parte. Paul McCartney che incontra Bacharach. Finale solo voce, con eco a farsi sentire.

Sea of everything
Inizia dove era finito Walk in Sand, con una ritmica molto presente, rimbalzante ed una melodia nel ritornello bellissima. La migliore di tutto 20Ten. “Ovunque vado vedo la tua foto” Chitarra acustica, tastiera a fare il controcanto. Sembra cantata in un’oasi nel deserto. “Io ho fatto ciò che tu farai”. La melodia è a disposizione delle parole: che bello scrivere canzoni in inglese. La melodia cambia. Prince parla a bassa voce. Si saltella ancora un po’. Cori liberi e ben curati. Orchestrazione bellissima. Alla fine rimane solo la sua voce, leggero riverbero. Forse il punto più alto.

Everybody Loves Me
Tastiere e ritmiche in levare, moltitudine di voci distorte. Clap a fare il suo dovere. Il titolo diventerà presto Everybody loves Prince. Arrangiamento poco curato (solo piano copiato ed incollato). Tra le parole mi sembra di riconoscere qualcosa di vietato ai minori. Prince rivisto da Frank Zappa. Ritornello finale che diventa un tormentone. Timpani. Basso synth. Niente chitarre.

Laydown
Ritmica batte gli ottavi. Rock. Energia. Prince picchia il beat senza paura. Chitarre distorte. Prince si immerge in una melodia cattiva che non gli appartiene; ben fatta. Basso con le corde tirate e chitarra ritmica risuonata a destra e sinistra. Funk e rock. Prince non risparmia. “U need to laydown and let me show u how”

Giudizio
Conquistato completamente da 20Ten: Prince sembra avere raccolto un po’ di materiale passato (Future Soul Song, Sticky Like Glue), con le ultime cose più pop da signore distinto. Curato nei particolari, 20Ten è ben arrangiato ed orchestrato. Mixato con attenzione, ha preferito non collaborare con molta gente; prima ha scritto e poi se li è lavorati in casa. Non ha esagerato con gli assoli di chitarra, che spesso mettono più in evidenza le sue (notorie) capacità come chitarrista, che la qualità dei brani. Solo una critica strumentale (nel senso di batteria elettronica): la ritmica è poco incisiva. La grancassa è un po’ nascosta. L’avrei sottolineata meglio.

20Ten potrebbe mostrare tutto il suo valore dal vivo se Prince, come ho già detto altre volte, tornasse a suonare i suoi brani più recenti in concerto. Ma (forse) per Prince è finito il tempo di rischiare.
Nota a margine: visto che molti aprono nuovi siti, ricopiando il mio stile e ricordando i tempi di censura dei messaggi passati da queste parti, suggerisco allorsignori quanto segue: godetevi la vita!

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…e anche il Portogallo l’abbiamo sistemato

Mentre continua il tour europeo di Prince, io mi gusto 20Ten come un ghiacciolo al tamarindo che rinfresca questa estate. Prince, leggo da Dr.Funkenberry, ospita nella sua tappa portoghese la cantante Ana Moura. Non posso fare a meno di notare come la cantante Ana Moura (che non rientra nei miei gusti musicali, ma questo lo si sapeva già) esteticamente assomigli vagamente a Vanity, Apollonia, Mayte, Diamonds and Pearls e Bria Valente. Con una voce un’ottava sotto Mina. A Prince piace sempre la faiga! Ecco, se Prince decidesse di farsi vedere oltre San Gottardo (come dicono in Svizzera), potrebbe chiedere a Silvia Aprile (una che per sposarsi alla Reggia di Caserta ha inscenato un simil-concerto) di urlare nelle casse qualcosa di ascoltabile, mentre Renato Neto l’accompagna (grazie che sei tornato alle tastiere, piccolo brasiliano dal ciuffo ribelle) e Prince orpelleggia con la chitarra.

E io ricorderei quando al Forum di Assago vidi Phil Collins duettare con Laura Pausini.

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Internet is over: chi disprezza ama

Internet è morto e anche MTV non sta molto bene.

La dichiarazione di Prince “Internet is over” ha fatto rapidamente il giro dei siti web guadagnandosi una certa popolarità. Prince, forse inconsciamente, è riuscito a guadagnarsi spazio ed esportare con successo il suo 20TEN anche dove non veniva pubblicato ufficialmente.

Non c’è nulla da dire, questa mossa ha funzionato. Ora, se la Warner decidesse di distribuirlo nei canali classici, probabilmente qualche ricavo in meno la major lo sconterebbe, ma rimane il fatto che di 20TEN se n’è parlato molto di più del suo fratello maggiore, ma più sfortunato Planet Earth, che era stato distribuito dalle parti della regina Elisabetta assieme ad una rivista ed anche all’entrata dei concerto all’O2. Se Prince pensa alla nuova musica solo come veicolo promozionale, e non ad un vero e proprio ricavo monetario, allora – come detto – la mossa ha funzionato.

A titolo esempio, mi preme citare ciò che ho letto su punto informatico (https://www.punto-informatico.it/prince-e-la-fine-di-internet/), una testata web discretamente famosa, che ha sfruttato la dichiarazione di Prince “Internet è finito” ed anche il corollario su MTV, per farci su un articolo. Lasciando perdere i discorsi anacronistici – secondo l’autore dell’articolo Prince si farebbe ancora chiamare The Artist – il post riprende pari pari quanto detto da Prince al Mirror (https://www.mirror.co.uk/3am/celebrity-news/inside-princes-bizarre-life-paisley-233220) e lo mette a disposizione dei leoni dei commenti – che anche da queste parti si sono fatti notare per maleducazione, ringraziate loro se ora i commenti in questo blog sono moderati. Il risultato è un post altamente commentato (ad oggi i commenti sono più di 90) nella scia degli articoli dedicati all’iPhone.

Andando oltre l’apparenza, Prince dice delle cose sensate, che non è necessario condividere, ma che possono uscire dalla bocca di un nato nel 58 o di chiunque abbia avuto a che fare con la c.d. musica analogica.

La cerimonia che una volta ci avvicinava alla musica, al momento di ascoltare un disco di vinile che aspettavi per mesi e che finalmente arrivava a casa tua nella sua busta colorata è quasi completamente persa. Ora giriamo con un macinino nella tasca che contiene 15.000 mila brani, esso può saltare da una canzone all’altra senza che si riesca veramente a capire chi si ascolta. L’arrangiamento, la ricerca timbrica o musicologica. La progressione degli accordi o l’assolo di chitarra. La ricerca di un brano è stata fagocitata dalla bulimia dello scaricare mp3 su mp3. Senza sapere se quei 5mega di roba contengano qualcosa di veramente interessante. Abbiamo perso il gusto di farci un nastro con le cose migliori che abbiamo nella testa e vogliamo solo raccogliere il più possibile. Una collezione che non potrebbe mai avere un fine; non ci darà mai soddisfazione In realtà i mezzi per raccoglierci intorno al fuoco della musica che amiamo li abbiamo ancora, ma rincorriamo un’autostrada fatta di zero e uno che ci fa perdere la testa.

Ascolto da qualche giorno 20TEN e lo ritengo uno dei migliori album di Prince. Se non altro per la sincerità, l’accuratezza e la concretezza con cui ci ha lavorato. La sua voce è sempre in primo piano. Non più oscurata dai riverberi di Planet Earth, non è nascosta dai ritmi costruiti da Pro Tools in Mplsound o sommersa dalle vibrazioni hendixiane di Lotus Flow3r. Prince ha raggiunto una capacità di scrivere, elaborare, arricchire e produrre che rasenta la perfezione. E se, dal vivo, continua a proporre la stessa scaletta dal 2003 – forse per andare sul sicuro – in studio non ha bisogno di altri se non di sè stesso.

In fin dei conti, ci chiede di dargli maggiore attenzione: glielo possiamo concedere. No?