10 agosto 2017
Matt Thorne ha scritto quello che è (secondo me) il migliore libro sulla vita di Prince. Nel 201 7 ho contattato Matt e ho chiacchierato di Prince con lui per più di un’ora. In quest’ora con lui ho potuto scoprire che ha una grande passione per Prince, dimostrata nel libro dove ha raccontato la vita del musicista. Oltretutto, Matt scrive e pubblica la biografia mentre Prince ancora vivo. In questa maniera ha potuto mantenere una sana distanza da tutto quello che è successo da quel maledetto 21 aprile 2016. Insomma, per questi motivi il libro di Matt rimane il migliore e più corretto su Prince. Vi evito le prime domande di rito (piacere di conoscerti, ecc), per poter subito entrare subito nel vivo. Buona lettura.
Ci domandavamo: hai mai incontrato Prince?
Ho una risposta piuttosto complicata a questa domanda; quando ho deciso di scrivere il libro, prima di tutto ho parlato con il biografo di un altro artista e lui mi disse che la prima cosa che dovevo fare prima di tutto era contattare l’artista direttamente per vedere la sua reazione, lui può rispondere o meno, ma vale sempre la pena provare. Perciò gli scrissi direttamente e ricevetti una risposta; non me lo aspettavo, ma mi arrivò un biglietto aereo per andare in America, a Los Angeles. Lui viveva lì all’epoca, poi è arrivata un’auto a prendermi all’albergo e mi ha portato alla casa dove lui viveva, e poi… questo è tutto nel libro, all’inizio del libro… sono entrato in questa sorta di soggiorno, non era un soggiorno, una zona dedicata alle esibizioni e lui è uscito. Ero abituato ad aspettare Prince anche se era molto tardi, ma è uscito quasi immediatamente, erano circa le 11.30 di sera, ma lui è uscito e si è esibito. Dopo lo spettacolo ho parlato al suo manager e gli ho chiesto se tutto questo significava che avevo il benestare per proseguire con il mio progetto, e il manager ha risposto di si, che però Prince preferiva che non parlassi con nessuno, che non intervistassi nessuno, allora per un po’ così ho fatto, ma il libro mi sembrava poco credibile in quel modo senza tutto il resto. Così gradualmente, dapprima sono state Wendy e Lisa e qualche altra altra persona e poi avevo amici che li conoscevano e i contatti sono iniziati in questo modo e ho iniziato a intervistare persone. Più o meno in quel momento è arrivato un altro invito da Prince per andare a New York dove si sarebbe esibito presto; ero un po’ preoccupato che fosse un po’ arrabbiato per le mie interviste e invece mentre si stava esibendo, nel mezzo di Purple Rain, ha camminato in mezzo al pubblico e mi ha detto “Cosa ne dici di quell’intervista adesso?” e ho detto “Certo che vorrei fare quell’intervista” e lui ha continuato a camminare. Sono rimasto li fino al mattino alle sei per vedere se sarebbe tornato indietro per l’intervista, ma non ne ho avuto la possibilità. Quindi a parte questo non ho avuto altre occasioni, non ho avuto molto contatto diretto con lui ma ho parlato con tutte le persone che ho potuto e che potevano darmi una loro visione degli anni trascorsi lavorando con lui. E poi c’è stata questa esibizione, dopo l’uscita del libro, in cui lui ha fatto molti dei pezzi che avevo scritto che mi piacevano, e poi c’è stata un’altra occasione in cui sono stato piuttosto sicuro che stesse leggendo quello che stavo scrivendo; avevo scritto un articolo sul Daily Telegraph sulla canzone Electric Intercourse, una canzone inedita, e il giorno dopo lui l’ha suonata dopo 35 anni per la prima volta, perciò deve averlo… deve.. cioè, non c’era ragione per cui lui la suonasse in quel momento era piuttosto insolito.. so che molti fans di Prince trovano spiegazioni nei suoi gesti che davvero potrebbero non esistere, ma almeno in questo caso, siccome il suo manager mi aveva detto che lui leggeva tutto quello che si scriveva su di lui, penso sia una prova che doveva avere quell’articolo, non so se lo ha letto, ma almeno gli ha dato un’occhiata.
Cosa hai pensato quando hai letto che lui stava scrivendo una autobiografia?
Ero molto entusiasta, cioè era molto interessante perché, non sapevo molto della persona che ha scelto come ghost-writer, penso sia stato scelto in virtù del fatto che aveva scritto un articolo su Prince per Paris Review e so da amici che hanno fatto da ghost writers per dei musicisti che accade in molti modi diversi. Qualche volta il musicista è molto coinvolto, ma altre volte loro si limitano a parlare in un microfono ed è necessario trascrivere le minute, ma ovviamente a Prince non piaceva che si registrasse la sua voce, perciò non credo che avrebbe fatto questo, non posso tuttavia immaginarlo seduto a discutere con l’autore. Non so, può ancora essere che questa cosa veda la luce, o almeno parte di essa, non mi sembra che sia stata detta la parola definitiva da parte dell’editore in proposito. In generale sono entusiasta, cioè, penso… in merito alle biografie dei musicisti, anche le migliori, per esempio, quelle di Bob Dylan o il libro di Keith Richards sulla sua vita, io sento che c’è sempre spazio per un’altra interpretazione, un altro punto di vista. Ossia, tu hai la visione dell’artista, ma sai, anche se è la loro storia, non necessariamente sanno tutto quello che c’è da sapere, perché dall’altra parte della storia ci sono i fans e le loro esperienze, i critici e chi fa recensioni e tutto il resto. Perciò sarei stato affascinato da questa lettura, ma non avrei pensato che si trattasse del documento finale e definitivo, che quello fosse tutto ciò che si poteva scrivere e pensare di Prince. Ero entusiasta e poi dispiaciuto che non sia uscito.
Io adoro il tuo libro e ciò che mi piace, è che l’hai scritto prima del 21 aprile 2016. Oggi è molto più facile; tutti dicono che lui era il più grande di tutti e che era un genio. Invece nel tuo libro non hai paura di criticare la sua musica; non tutta la musica di Prince è memorabile. E ti soffermi molto su come lui produceva i brani, una cosa che adoro leggere. Però, come ti dicevo, dal 21 aprile 2016 non sono più riuscito a leggere nulla dal tuo libro. Tu cosa pensi di quello che è successo a Prince negli ultimi giorni della sua vita?
E’ stato piuttosto scioccante per me, cioè, ho appreso della notizia quando una radio irlandese mi ha telefonato per chiedermi dove…cioè, in effetti mi hanno detto che lui era morto e volevano chiedermi quando potevo andare alla radio per parlarne. e non ho avuto tempo per elaborare il tutto. E’ stato incredibilmente scioccante e non volevo crederci quando me lo hanno detto. Cioè, avevo sentito un po’ di disagio quando l’aereo è atterrato, non pensavo fosse niente di terminale o davvero necessariamente serio. Avevo semplicemente un po’ di disagio, cioè c’era la sensazione che fosse un po’ strano, non combaciava con il suo personaggio abituale, non sembrava essere lui, ma è stato un grosso shock. No. Non ho avuto tempo di elaborarlo perché il libro era appena uscito in America, la versione americana del libro, e perciò mi fu immediatamente chiesto di partecipare a tantissimi programmi in TV e radio e ho passato praticamente 24 ore in vari studi a parlare di lui e non ho avuto tempo di elaborare le mie emozioni. E mi rendevo conto che quelle persone che mi parlavano, (come è tipico dell’America) che loro non necessariamente sapevano granché di Prince; ovviamente i fans sapevano tutto quello che lui faceva, ma per le persone al di fuori di quel mondo, loro non avevano necessariamente seguito la sua carriera così da vicino, perciò mi sentivo come se avessi dovuto spiegare alla gente quanto importante fosse Prince, quanto fosse geniale. E questa è stata un’esperienza piuttosto strana. E poi immediatamente dopo, come ti ho già accennato, non sono più riuscito ad ascoltare la sua musica per un po’, sembrava troppo triste, troppo tragico e penso siano passati più o meno due o tre mesi, ed è stato strano, perché, cioè, quando è morto David Bowie, qualche mese prima, trovavo ascoltare la sua musica piuttosto confortante, ma con Prince è stato totalmente diverso e semplicemente non sono riuscito ad ascoltarlo per qualche mese poi lentamente ho ricominciato ad ascoltarlo, ma ho dovuto essere attento perché ci sono periodi della sua musica che non hanno troppo legame emotivo per me, ma altri li sento molto e quindi ascoltavo quelli per cui sapevo che non mi sarei sconvolto troppo ascoltandoli poi lentamente ho ascoltato sempre di più la sua musica, ma sembra ancora un po’ strano, allo stesso tempo, lo sento ancora irreale, anche se si rinforza ogni giorno di più, ma penso sia molto strano.
12 agosto 2017
Irreale purtroppo è la parola giusta. Come ti dicevo nel mio sito parlo dell’essere un autore, di scrivere canzoni. Prince era un maestro nell’arte del songwriting. Credo che dovremmo studiare il suo approccio da autore e di come sia cambiato nel tempo. Per esempio il periodo di Wendy e Lisa, poi ha scritto molte cose da solo. So che è una domanda complicata, ma quale è secondo te il suo periodo migliore come autore di canzoni?
E’ interessante, cioè, come dici ha attraversato molte fasi e quando si guarda la sua carriera, le canzoni… il suo modo di scrivere cambia drasticamente. E anche la struttura delle canzoni. Le mie canzoni preferite sono quelle più spinte dallo spirito narrativo, come I could never take the place of your man, per esempio, dove ogni verso è molto chiaro, ma allo stesso modo mi piace come si evolve in seguito; mi piacciono le canzoni che diventano più criptiche e più difficili da seguire e parla sempre con un linguaggio in codice. Mi piace tutto quanto. Penso che questo sia in parte il motivo per cui non viene apprezzato appieno come scrittore solista, penso che siano molto apprezzate le canzoni del primo periodo della sua carriera che le persone capiscono. Almeno fino ad ora; questo sta cambiando, le persone non hanno scavato fino in fondo nei suoi lavori più recenti e non si rendono conto quanto buoni fossero alcuni dei suoi lavori come cantautore. Una delle domande che mi sarebbe davvero piaciuto fargli se avessi avuto la possibilità di intervistarlo era a proposito della sua tecnica di scrittura e come scriveva. Perché ancora non lo so, cioè, sappiamo che già agli esordi scriveva canzoni, ci sono esempi di testi scritti con la sua grafia. Sappiamo che faceva questo, portava con sé un blocco per gli appunti e scriveva canzoni mentre si spostava. Un’altra cosa che sappiamo e che più tardi, diciamo negli anni ’90, improvvisava probabilmente un po’ di più nello studio e che le persone andavano da lui con un giro di percussioni o con una base e lui componeva su quella musica. Non conosco esattamente i processi dei diversi periodi o delle diverse epoche, non so quanto spesso andasse nello studio con i testi più o meno pianificati. Il bello di Prince era che provava sempre a fare tutto quanto, la risposta è che lui faceva tutto. A volte, semplicemente improvvisava per ore senza sosta e se ne usciva con un verso o (componeva parte di un verso) o un po’ di musica altre volte aveva qualcosa di davvero appassionante e doveva scriverlo subito. Siccome non sono un cantautore è sempre stato molto interessante per me incontrare e parlare con cantautori, perché non capisco sempre del tutto quel processo; io sono uno scrittore oltre che di biografie anche di narrativa, ma quello è un processo molto diverso… scrivere canzoni è più vicino a scrivere poesie e questa non è una disciplina con cui ho confidenza, perciò mi affascina, ma penso che lui…penso che dovrei tornare sull’argomento.. penso che lui fosse sottovalutato come autore. Cioè, tutti sanno che era un grande chitarrista, tutti sanno che era grandioso sul palco, tutti sanno che ha scritto alcune canzoni sorprendenti, ma non penso che aldilà del mondo dei fan, lo si stimi come si dovrebbe. No, non lo si vede come un Bon Dylan, cioè Prince ha avuto i suoi problemi con Bob Dylan perciò forse sarebbe più contento di paragonarsi a un Miles Davis. Io penso che Prince sia uno, no, sia il miglior cantautore che sia mai stato.
A proposito delle sue collaborazioni, come Miles Davis o ancora Wendy Lisa. Abbiamo visto diversi lati della sua anima, ma lui era sempre se stesso. Lo sapevamo, perché lo conoscevamo. Produceva della grande musica, ma era differente ogni volta. Come è stato possibile che noi come fan della sua musica fossimo sempre lì ad aspettarlo?
Questa è una buona domanda poiché in parte perché stava sempre facendo qualcosa… cioè, noi c’eravamo sempre per lui… ma lui in un certo qual modo lui era sempre lì per noi… C’erano periodi in cui lui non c’era così tanto, ma in generale… certamente nel periodo in cui stavo scrivendo il libro, per sette anni, quasi ogni giorno si andava su internet e c’era qualcosa, che poteva essere il fatto che stava segretamente facendo uscire una canzone o uscivano un po’ di prove o stava scrivendo sui siti dei fans, perciò c’era sempre qualcosa come un concerto in corso. Era un musicista entusiasmante da seguire. Molti musicisti scompaiono, poi esce un album, poi passa un anno e hanno un ciclo, c’è il periodo dal vivo, poi il ritorno allo studio e non li senti per un anno o giù di lì, ma Prince stava sempre facendo qualcosa tutto il tempo: se non era l’uscita di un lavoro da studio allora era un’esibizione dal vivo o era sulla stampa o c’era un video o c’era una storia, una strana storia al tg. Cioè c’era sempre qualcosa per te e il corpo del suo materiale era così vasto che c’era sempre qualcosa di nuovo da esplorare per tutti i suoi fans Ho sempre avuto l’abitudine di ritornare ai suoi vecchi album, andando indietro per così dire di due. Usciva un album e provavo un’emozione, poi usciva il successivo e poi il successivo ancora e io tornavo a due album prima. Era sempre notevolmente diverso. Era sempre occupato. Parlavi del capitolo che ho scritto su Graffiti Bridge; è stato il primo album del periodo per cui io fui un po’ deluso, ma ritornandoci più tardi ho scoperto un mare di cose nuove e questo succedeva con tutti quanti i suoi album. Non ce n’è nemmeno uno, forse uno o due, che si possa completamente scartare nella sua totalità, è come… ma mi spiace sto un po’ divagando. C’era questo processo, ogni volta che un nuovo album usciva pensavo: ok, questo è quello che sarà Prince da ora in poi e questo era preoccupante. Sarà lo stesso per sempre? E poi usciva l’album seguente ed è di nuovo tutto diverso e poi non ero più così preoccupato per quello prima e fai: ok, non hai perso tutto questo. La psicologia era questa per me, pensavo oh no, sta diventando molto più conservatore, questa è la direzione verso cui sta andando e poi usciva l’album seguente ed era di nuovo totalmente diverso e perciò non c’era quella sensazione che ti potessi fidare, se ne sarebbe uscito sempre con qualcosa di nuovo, interessante nel futuro, non avrebbe semplicemente ripetuto la stessa cosa all’infinito per diventare noioso e conservatore e mantenere la stessa faccia troppo a lungo.
Parlando di Wendy e Lisa, e anche Susannah, che insieme a Prince formavano un team fantastico. Cosa pensi del tour dei Revolution e delle critiche che sono state mosse nei loro confronti?
E’ una domanda difficile per me, perché, cioè, non sta a me dire cosa dovrebbero o non dovrebbero fare se capisci cosa intendo. Sappiamo come si sentiva al riguardo di cose come queste quando era vivo, ma allo stesso tempo, loro sono musicisti, hanno giocato un ruolo in tutto questo e stanno suonando la loro musica di cui loro sono parte, perciò non è come se fossero un gruppo tributo, cosa che avrebbe un carattere differente.
Va bene, hai ragione; loro sono stati parte del fenomeno Purple Rain e hanno diritto di raccontarlo in concerto. Parliamo del tuo libro, che non è ancora uscito in italiano, stai pensando di aggiungere altri capitoli?
Sì, per prima cosa il libro è uscito in Germania in aprile e ho scritto un nuovo capitolo per l’edizione tedesca che aggiorna la storia e copre l’anno e percorre la fase due e il Piano and Microphone tour. Ho parlato al mio editore della possibilità di fare una versione aggiornata del libro, abbiamo pensato di chiamarlo una sorta di remix del libro. Ma non lo voglio fare ancora perché ho ancora sentimenti contrastanti e lo trovo piuttosto difficile… come hai detto prima è molto più facile parlare alla gente adesso che se ne parla di più. Ci sono molti libri in uscita e mi sento come se fosse un po’ troppo presto per tutto questo. Non ci sono problemi per tutti quelli che ne vogliono parlare, questo mi sta bene, ma non mi interessano i libri in cui qualcuno muore e tutti iniziano a scrivere di loro prima che morissero. Penso che girino più notizie dalla sua morte; ci saranno cose interessanti da mettere nel mio libro, penso ci siano due punti in cui potrei aggiungere. perciò penso che questo è probabilmente quello che farò, ma penso anche che voglio vedere cosa viene fuori dal Vault nel corso dei prossimi due anni perché potrebbe esserci qualcosa che cambia la storia in alcuni punti. Perciò eccoci, sto lavorando ad alcuni altri progetti, niente di immediato, ma ho scritto qualcosa in più per gli editori tedeschi, questa è una cosa davvero difficile perché da un lato vorrei metterci un punto e dire ho finito di scrivere di questo, ma penso che sia impossibile perché la storia ha così tanto da offrire e la storia continua perciò devo elaborarlo, così ha funzionato, sono pensieri in corso.
14 ottobre 2017
Cosa ti aspetti che sbucherà dal Vault, il misterioso luogo dove Prince avrebbe immagazzinato anni di musica e di video? A quanto dicono, conterrebbe tanta roba sconosciuta ai più. Forse sbucherà un Prince che non abbiamo mai visto o sentito?
Sì. Nel Vault c’è tutto quello che noi sappiamo come fans, ma oltre a quello c’è ovviamente tutto quello che non sappiamo. Al momento ancora non sappiamo come verrà gestito il materiale; potrebbe essere resa pubblica una lista di tutto quello che c’è nel Vault, non penso che questo accadrà, ma è un’eventualità. Ciò che è più probabile è che scopriremo dei pezzetti qua e là man mano che passa il tempo. Ovviamente la prima cosa è la nuova uscita di Purple Rain e un po’ di materiale extra ad esso relativo. Chi ha i diritti di tutto quello che resta nel Vault potrebbe voler fare qualcosa con quel materiale, forse l’anno prossimo. Penso ci sia spazio per molte cose che ancora non sappiamo su cui lavorare. È interessante come ci siano aree che sono davvero molto ben documentate come quando stava registrando al Sunset Sound di Los Angeles; conosco alcune persone che lavoravano con lui e che tenevano diari molto dettagliati. Eric Leeds teneva traccia di tutto. Prendeva nota di ogni singola cosa che lui faceva. Però ci sono notti quando stava registrando nello studio in cui non c’era nessun altro, non sappiamo niente di questo. Quando era vivo questa roba usciva e non sapevamo necessariamente da quale album fosse venuta o da che periodo. Non so se saranno rivelazioni roboanti che ci faranno cambiare la nostra visione di Prince per sempre, penso sia più probabile che riempiano dei vuoti di aree di cui non sappiamo molto; in generale abbiamo idea di cosa stesse facendo nella maggior parte dei periodi, gli strumenti che usava, i collaboratori che aveva, ma penso che ci siano anche molte sorprese che ci aspettano. La questione è: come gli eredi useranno tutto quel materiale? Sappiamo più o meno tutto, ci sono un paio di spettacoli che non sono stati registrati, ma in generale abbiamo un idea di quello che accadeva nella maggior parte degli spettacoli, ma per ciò che accadeva in studio penso che ci sia ancora molto da scoprire.
Io ho un’opinione su Prince non condivisa da molti. Secondo me, per la sua musica erano molto importanti le persone che gli stavano intorno. Prima di tutti i musicisti che gli davano ispirazione. Sei d’accordo con me?
Sì, sono d’accordo con te. È lo stesso per me ed è parte del motivo per cui ho scritto questo libro e il modo in cui l’ho fatto è stato per mostrare come le persone che gli stavano attorno erano parte del processo. Penso che siamo d’accordo su questo. Ma il mio sentimento in proposito è che le persone che lo circondavano hanno decisamente migliorato la sua musica; parte della sua genialità era la sua abilità nel permettere alle persone di esibirsi al meglio delle loro capacità. Come sai, spesso c’è quest’idea che lui fosse un uomo molto autoritario/dispotico, che fosse molto severo per tutto ciò che accadeva intorno a lui, e certamente lo era in alcuni periodi, ma in altri momenti era totalmente aperto. Come quando i Revolution gli portavano delle registrazioni e idee: gli aprivano la mente verso la musica classica e l’arte, allargandogli davvero gli orizzonti. Poi c’erano altri periodi, come attorno al periodo di Sign o’ the times in cui lui si teneva stretto tutto quello che aveva: “questo è mio e non voglio altre ispirazioni che entrino nel mio mondo.” E mentre la sua carriera procedeva ci sono state molte persone che hanno portato qualcosa di nuovo al suo suono e che sono state importanti; ho amato tutte le persone con cui lui ha lavorato, mi piaceva anche il fatto che la maggior parte delle volte lui cercasse delle persone di cui altrimenti non avremmo probabilmente mai sentito parlare, come Mike Phillips. Non necessariamente lavorava con persone che fossero già famose, semplicemente sceglieva persone che avessero un suono unico, perciò uno dei motivi per cui mi piace ascoltare le registrazioni è anche ascoltare quei musicisti, quel suono unico di quel periodo, diverso da quello di un tour solitario. In alcuni periodi dico: “quel gruppo è fantastico, voglio davvero sentire altre loro cose.” Oppure “mi piace il suono o mi piace il modo in cui lui si diverte.” Poi lui era anche un “capo gruppo” era capace di essere in certi momenti molto “limitativo”, mentre altre volte molto rilassato.
In un’intervista a Pharrell Williams gli avevano chiesto con chi avrebbe voluto collaborare e lui aveva risposto: “me l’hanno già domandato diverse volte e ogni volta dico Prince.” Sarebbe stata una collaborazione esplosiva. D’altra parte sono d’accordo con te che lui preferiva scoprire musicisti sconosciuti e lavorare con loro. Per esempio i nuovi arrangiamenti del concerto di Montreux del 2009, che abbiamo visto dal vivo, erano frutto del lavoro di quella fantastica band (John Blackwell, Renato Neto e Rhonda Smith). Fino adesso abbiamo parlato del musicista, delle collaborazioni, ora ti chiedo cosa possiamo imparare da Prince come uomo d’affari? L’utilizzo di Internet fino al passaggio a Tidal. Che eredità ci lascia?
È molto interessante questa sorta di dibattito tra i fans su quanto lui fosse bravo negli affari, perché molte delle decisioni che ha preso all’epoca sono sembrate strane ma si sono poi rivelate ottime, a fatto compiuto. Non penso che abbia sempre preso la decisione migliore, non sempre, ma penso che se si guarda alla sua carriera era sempre guidata da desideri puri. Uno era quello di creare musica, il più possibile, l’altro era di essere pagato adeguatamente per questo e questi due mi sembrano più che giusti. Gli si potrebbe obiettare che cercava sempre il prezzo più alto e questo qualche volta gli impediva di fare cose che avrebbero potuto essere interessanti, oppure occasionalmente questo poteva essere un ostacolo. C’è quest’intervista, penso fosse nel ’96 più o meno, dove lui si stava vantando con il giornalista dei suoi soldi e poi dice verso la fine: “vedi, non sono i soldi, quanto la libertà che mi danno di fare ciò che voglio, perciò prendo i soldi che mi danno e poi mi metto sul palco con Larry Graham o Chaka Khan.” Così era in grado di aiutare la carriera di altre persone. Una delle cose che mi ha colpito era sapere quanta beneficenza facesse poco prima di morire. Abbiamo sempre saputo che aveva inclinazioni caritatevoli, ma faceva spettacoli in alcuni posti per aiutare appositamente alcune associazioni. L’ultima volta che l’ho visto dal vivo a Londra stava suonando a un concerto per aiutare i bambini affetti da autismo e aveva programmato di farlo pagandosi il viaggio, questa cosa è straordinaria. Faceva queste cose continuamente nel corso di tutta la sua carriera; usava il suo potere per fare cose buone per lo più, non era una persona venale, la cosa per cui voleva soldi era la musica. Viveva per la musica era una persona che voleva essere in studio tutto il tempo e qualunque cosa fosse d’intralcio veniva rimossa con i soldi.
10 marzo 2018
Il tuo libro è denso di sorprese. Non sapevo che avevano iniziato il tour di Gold in Inghilterra con una scenografia mastodontica, che è stata mollata in giro per il paese man mano che il tour procedeva. Probabilmente qualcuno ha in cantina un pezzo della scenografia di un tour di Prince. Tutto ciò descrive bene chi fosse Prince. E gli errori che faceva. Errori che, ne sono convinto, ha pagato in prima persona. Ogni volta che faceva uno sbaglio ne soffriva. Cosa avrebbe potuto fare per cambiare la sua vita? Penso soprattutto al periodo della battaglia contro la Warner. Cosa avrebbe dovuto fare per ottenere un trattamento diverso?
È interessante quello che dici; il periodo di Gold Experience è uno di quei periodi che, se facessi un’altra versione del libro, mi interesserebbe andare ad analizzare ancora. Penso ci fosse molta roba buona in quel periodo che non era necessariamente evidente qui in Europa. Quello accadeva in America, poiché stava facendo tanti spettacoli là e i notiziari britannici riportavano tutto in maniera molto critica. Sembrava che avesse perso la testa ed è stato l’unico periodo in cui ho iniziato ad avere dei dubbi su di lui. Questo prima che scrivessi il libro. Dubbi solo come fan. Mi piaceva la musica, ma ero scoraggiato; inizialmente non l’ho comprato: penso che The Gold Experience sia stato il primo album che non ho comprato appena è uscito e poi l’ho sentito a casa di qualcun altro, che è piuttosto insolito per me. E poi: eccolo lì era fantastico, sorprendente e mi chiesi perché non ne sapevamo niente? Gli amici non lo avevano sentito. Il suo profilo era al minimo storico. La gente non lo capiva.
Fu un errore litigare con la Warner?
Se si guarda alla sua carriera io penso che si possa dire, lo dico nel libro, che il contratto con la Warner che lui ha lasciato scadere prima del tempo, è stato un cattivo contratto. Anche il modo in cui apertamente lo gonfiava e lo sventolava. Tutto quello che voleva era lo stesso contratto di Madonna. Fecero un contratto molto significativo, ma era tutto fumo e niente arrosto; era una cosa del tipo tu vendi questo numero di copie, e otterrai tot milioni. Se farai questo avrai un anticipo più grosso nel prossimo album. Il contratto non era buono come sembrava. In parte è il motivo per cui voleva tirarsene fuori. Lui aveva un’idea: era buono sulla carta per attirare i riflettori, ma in realtà si è rivelato non essere così buono come lui sperava. E penso che liberarsi di tutte le persone che gli stavano attorno al tempo è stato un errore perché aveva davvero un bel gruppo di collaboratori. Non è stato creativamente il suo momento più alto, ma commercialmente è stato piuttosto fortunato e ha contribuito a rimetterlo in carreggiata. Solo più tardi ha cominciato ad avere problemi. Sì, ci sono state cattive decisioni. Il suo talento ha dimostrato che c’era sempre della roba buona che usciva fuori. Oddio, alcuni degli album di quel periodo non erano tanto buoni, ma contenevano canzoni fantastiche: era parte della sua vita. Confrontiamo la vicenda di Prince e la Warner con artisti dello stesso calibro. Prendi Bob Dylan che è rimasto sempre con la Columbia e ha attraversato i suoi problemi negli anni ’80, ma per lui è andato tutto bene e non ha avuto conseguenze. O Neil Young che ha avuto problemi con un’etichetta che lo ha querelato per aver fatto un album non presentabile. Con Prince avremmo preferito che fosse tornato alla Warner o a un’altra etichetta. Guardando a quel periodo la cosa che si può dire è che molta della sua musica non ha raggiunto un pubblico così vasto come avrebbe dovuto; ha perso molti fans in quel periodo. Quelli che sono rimasti si sono appassionati ancora di più, questo è il lato positivo; la sua musica non era inascoltata, l’hanno ascoltata i fans, ma tutti gli altri non l’hanno sentita: le vendite erano bassissime. Penso che non abbia ottenuto di nuovo il grande successo di vendite fino a Musicology, Rave non è stato un grande successo commerciale in termini di vendite e penso che sia passato parecchio prima che di tornare ai suoi soliti livelli.
Ho ancora un paio di domande per te. Posso andare avanti?
Certo
Hai fatto un sacco di interviste per il tuo libro. Con chi vorresti parlare ancora oggi?
Ne hai citate tre che sono molto interessanti: Wendy, Lisa e Susanna. Ma penso che la persona con cui davvero vorrei parlare più a lungo sia Eric Leeds, perchè sono riuscito ad intervistarlo solo tramite internet ed era molto abbottonato. Alan Leeds, suo fratello, era molto più aperto e penso di aver ottenuto da lui tutto quello che potevo. Se riparlassi con Eric, non so se sarebbe più aperto. Credo che a un certo punto della sua vita potrebbe essere disposto a raccontare l’intera storia. Teneva dei diari. Penso che questo sia il tipo di materiale interessante e denso di informazioni. La questione è: Wendy e Lisa e Susanna, hai ragione, sono musiciste estremamente intelligenti e brillanti, Wendy è fantastica, ma ci sono molti musicisti che possono dire tanto e che ricordano tutta la storia quando parli con loro. Ci sono altre persone che intervisti, persino ingegneri, che non ricordano ma che dovrebbero ricordare. Non tirerai fuori molto da loro. C’è bisogno di persone che possono dirti cose che non sai o che ti raccontino quello che altre persone non ti hanno detto. Penso che questo sarebbe davvero il non-plus-ultra.
Eric era di grande ispirazione per Prince
Infatti. Loro hanno trascorso molto tempo insieme. Suo fratello Alan mi ha detto che Eric era un musicista sofisticato e che Prince lo ascoltava. Voleva avere conversazioni con lui e parlava con lui di musica in un modo in cui non faceva necessariamente con altre persone. È interessante che dopo la sua morte siano usciti alcuni articoli con altri membri della New Power Generation della metà degli anni ’90 e non mi dispiacerebbe parlare con loro perché non mi hanno voluto parlare all’epoca del libro.
Pensi che prima non ti avessero parlato a causa del contratto che Prince faceva firmare loro?
Sì, questa cosa è uscita spesso mentre stavo scrivendo il libro. Dopo che ho parlato con Wendy e Lisa è uscito un articolo sulla rivista Spin dove Prince era in copertina; era un articolo (penso) su Purple Rain. Ho capito che Prince fosse piuttosto sconvolto al pensiero che loro fossero riusciti ad avere la sua faccia in copertina senza parlare con lui. E del fatto che parlavano della musica che aveva fatto in passato e non di quello che avrebbe fatto in futuro. Dopodiché penso ci furono minacce legali a questo riguardo e verso queste persone. Ci sono state molte persone che hanno firmato quel documento, non potevano o non volevano parlare, perciò penso che sia proprio così e penso che ci siano persone che…
Vedo che ne soffri pure tu
Guarda, è una questione complicata, perché da un lato vorresti che le persone attorno a Prince fossero state leali verso di lui, e noi possiamo capirlo, ma anche come scrittore ho il diritto di ascoltare. Non stavo cercando materiale da sfruttare, cercavo di scoprire di più della storia, perciò volevo che le persone parlassero e lo facevo nel modo più rispettoso possibile. C’è sempre quel conflitto tra Prince, che non vuole che niente esca fuori persino a discapito della sua carriera e della sua musica e tutto il resto, e il desiderio di uno scrittore, io o chiunque altro, di scoprire di più. Non stiamo cercando di uccidere il mistero o di ridurlo, stiamo solo cercando di scoprire di più. Ne vuoi sempre di più. Questa è stata la ragione per cui ho iniziato a scrivere il libro. Da bambino, da adolescente non riuscivo a capire cosa fosse successo tra Sign o’ the times, Love sexy e poi Batman e Graffiti Bridge.
Aveva sconvolto tutti quel cambiamento
C’era un buco nero; guardando quel passaggio e anche quelli dei bootlegs pensavo: c’è un cambiamento radicale in atto qui e non lo capisco, non capisco come è andato da un album all’altro. Quando ho iniziato a scrivere il libro ho capito che c’erano così tanti cambiamenti radicali perché la musica di alcuni periodi veniva da altri progetti o veniva da tempi precedenti. Lovesexy è stato realizzato in un’unica esplosione concentrata, in modo simile il Black Album. Con Batman, con Graffiti Bridge lui stava andando a ripescare nel Vault combinando con roba nuova e poi iniziava a rendersene conto. Insomma, questa è una storia incredibilmente complicata e ci sono sempre strati sopra quello che vedi e poi altri strati. Ci sono tanti misteri da esplorare e questo mi ha portato a scrivere il libro.
Cos’altro ti ha spinto a scrivere?
Riflettevo sulla questione estetica; la maggior parte dei musicisti, quando si guarda alle loro carriere, sono molto lineari, c’è il momento in cui hanno registrato quell’album che ha quel suono, c’era quel periodo nelle loro vite in cui si sono sposati, sono cresciuti e poi hanno divorziato. Poi c’è l’album di rottura. Si vede chiaramente quello che sta succedendo. Ma con Prince no. Lui stava seminando indizi. Ancora dopo tutto questo tempo, dopo tutta la ricerca che ho messo in campo, ci sono ancora elementi che sono misteriosi. Pensi solo: perché se ne è uscito con quella canzone? da dove è venuta quella canzone? perché ha citato improvvisamente quell’indirizzo? Ecco perché era brillante e non sembra nemmeno che lo facesse apposta, sembra che questo semplicemente succedesse, che gli accadesse naturalmente.