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La Strategia di Netflix coinvolgerà anche Purple Rain?

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Ho già parlato della fine indecorosa che ha fatto il documentario di Netflix su Prince (se volete leggere la storia, basta cliccare qui), che è stato cancellato a causa di divergenze sostanziali tra il regista e gli “eredi” su come raccontare l’uomo Prince.

La notizia interessante è che proprio il colosso dello streaming, nonché produttore cinematografico di successo, sarebbe in procinto di acquisire il catalogo cinematografico della Warner Bros., che include anche il film Purple Rain. Netflix e Warner Bros. Discovery (WBD) avrebbero raggiunto un accordo definitivo per la fusione/acquisizione della divisione “Streaming & Studios”.

Netflix non sarebbe interessata alla musica di Prince di proprietà della Warner Music Group; mentre quasi tutto il catalogo musicale di Prince è passato sotto la gestione di Sony (Legacy Recordings) nel 2021, esistono ancora quattro eccezioni storiche (e non proprio trascurabili). In base all’accordo che Prince firmò nel 2014 (e che è tuttora valido), i quattro album/colonne sonore legati ai suoi film Purple Rain (1984), Parade (colonna sonora di Under the Cherry Moon, 1986), Batman (1989) e Graffiti Bridge (1990) sono rimasti di proprietà di Warner Records. Questi album non sono passati né a Sony né a Universal (il cui accordo del 2017 è stato annullato dal tribunale) e sono ancora legati a “Warner”. Discovery (che include gli studi cinematografici, HBO e la DC, ma non i canali come gli italiani Real Time) e Warner Music Group (che si occupa di musica) sono due aziende completamente diverse e separate dal 2004. Warner Music Group non è in vendita e fa parte di un’altra holding (Access Industries).

Insomma, Netflix otterrebbe i diritti di distribuzione e la proprietà del film Purple Rain, diventandone il distributore globale e potendo caricarlo sulla propria piattaforma senza dover pagare licenze esterne e possedendone il master video. Alla faccia degli eredi che, dopo avere fatto i capricci, bocciando il documentario prodotto da Netflix, in futuro, dovrebbero trovare un accordo con Netflix nel caso in cui decidessero di inserire il film (o i film) in qualche cofanetto per racimolare altri sghei dagli anziani fan di Prince.

L’accordo, comunque, vedrà eventualmente la luce verso la metà del 2027. Auguri.

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La Verità di Jill Jones su Prince e la sua Privacy

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(sottotitolo: la corazzata Potëmkin fa discutere ancora)

In questo post Jill Jones esprime il disappunto per lo stop del parentame (acquisito) di Prince al documentario di Netflix di 9 ore. Ma se l’intento è nobile, pare che nel documentario lei si sia messa a nudo raccontando episodi non edificanti con Prince, prendersela con i fan curiosi è una tattica che lascia il tempo che trova.

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Prince: L’Eredità Musicale e il Nuovo Film Biografico

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Netflix, in collaborazione con gli eredi di Prince, ha deciso di non pubblicare più il documentario di nove ore diretto da Ezra Edelman, noto per “O.J.: Made in America”. Sebbene questo progetto, frutto di cinque anni di lavoro, non vedrà la luce, ci sarà sempre spazio per esplorare la vita e la carriera di Prince, un artista che ha rivoluzionato il panorama musicale con il suo stile unico e innovativo. Il leggendario “Vault”, l’archivio personale dell’artista, continua a rimanere un tesoro di materiale inedito pronto per essere scoperto in futuro; al suo interno potrebbero esserci brani mai pubblicati, registrazioni dal vivo e rare interviste che permetterebbero ai fan di immergersi ulteriormente nel mondo di Prince, rivelando lati inediti della sua geniale creatività e della sua personalità affascinante. Questo tesoro rappresenta non solo un’importante risorsa per i fan, ma anche un’opportunità per i documentaristi e i biografi di raccontare una storia che merita di essere narrata e che continuerà a ispirare generazioni di artisti.

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Alla cerimonia dei Grammy l’ex avvocato di Prince ha detto che il controverso documentario di Netflix non andrà in onda.

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Forse ne faranno uno loro nel 2026/2027?

Fonte: di Jon Bream
| Il Minnesota Star Tribune link

Sabato a Prince è stato consegnato un Grammy alla carriera nel corso di una cerimonia di premiazione speciale che ha premiato sette artisti, tra cui Frankie Valli, Taj Mahal e i Clash, la sera prima della 67a edizione dei Grammy Awards.


Secondo George Varga del San Diego Union Tribune, la presentazione di Prince ha occupato 23 minuti straordinariamente lunghi di un programma di due ore. Al Wilshire Ebell Theatre di Los Angeles, con una capienza di 1.200 posti, si è svolta una sfilata di oratori a favore del Purple One.


Il segmento dedicato a Prince è stato introdotto dal produttore vincitore di un Grammy Jimmy Jam, ex collaboratore di Prince ai tempi e membro della Rock & Roll Hall of Fame. Jam è l’ex presidente della Recording Academy, che gestisce i Grammy.


Ad accettare il trofeo alla carriera è stata Breanna Nelson, nipote di Prince accompagnata da tre dei suoi figli. Ha sottolineato che Prince “viveva secondo le sue regole”.


E questo significava anche quando si trattava dei Grammy.


A differenza degli altri premiati di sabato, le persone di Prince hanno dominato il palco.


Tra gli altri oratori, gli ex collaboratori di Prince Jerome Benton del Time, Bobby Z di Prince & the Revolution, l’avvocato Londell McMillan della Prince Legacy LLC e André Cymone, amico d’infanzia di Prince e suo primo compagno di band.


Cymone ha detto che lui e Prince sognavano i Grammy quando erano bambini a Minneapolis e guardavano i programmi musicali e di premiazione in TV. Sapeva che i Grammy significavano molto per il suo amico, ha dichiarato domenica al Minnesota Star Tribune.


“Si comportava come se non lo fossero”, ha detto Cymone, che ha conosciuto Prince in seconda media. “Faceva finta di niente. Puoi ingannare alcune persone, ma non puoi ingannare me.


“Alla fine della giornata, essere riconosciuti per il duro lavoro, la lotta, tutte le cose che devi fare per dimostrare il tuo valore, queste cicatrici sono rettificate solo se le persone riconoscono che hai talento”.


Prince, morto nel 2016, ha ricevuto sette Grammy in vita e 38 nomination. Si è esibito alla cerimonia di premiazione nel 1984 e nel 2004, e nel 2015 ha presentato il trofeo per l’album dell’anno, dichiarando: “Come i libri e le vite dei neri, gli album sono ancora importanti”.


Domenica Prince è stato finalista per il miglior album storico con “Diamonds and Pearls (Super Deluxe Edition)”. Il premio è andato a “Centennial”, con registrazioni del 1923 della King Oliver’s Creole Jazz Band.


Sabato, sul podio, McMillan ha forse lasciato cadere una notizia. Dopo aver invitato la gente a venire a Chanhassen per visitare il complesso di studi di Prince a Paisley Park, trasformato in museo, ha detto che il controverso documentario autorizzato di nove ore di Netflix, diretto dal premio Oscar Ezra Edelman, non sarà trasmesso.


“Non ci sarà alcun documentario salace”, ha detto McMillan. “Abbiamo voltato pagina per fare la giusta luce su Prince”.


Non è chiaro se lo stato del documentario sia un dato di fatto o un pio desiderio. Né McMillan né un produttore o un addetto stampa di Netflix hanno risposto alle telefonate di domenica.


Tuttavia, nel numero di fine anno 2024 della rivista Billboard, la Prince Legacy LLC ha pubblicato un annuncio di due pagine che includeva una menzione di un documentario nel 2026-27.


Lo scorso dicembre, Charles Spicer della Prince Legacy LLC ha dichiarato al Minnesota Star Tribune: “Non abbiamo in mente Netflix. Speriamo di poter realizzare un documentario che rifletta la vita di Prince, un documentario definitivo”.

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Il Prince che non abbiamo mai conosciuto

Nei giorni scorsi è stato pubblicato un lungo e interessante articolo di Sasha Weiss sul New York Times Magazine (link) dedicato alle vicissitudini della produzione del documentario di Netflix su Prince. L’abbiamo tradotto e l’abbiamo fatto per agevolare la conoscenza di un argomento tanto importante per noi fam. Buona lettura.

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20Ventuno

Sta diventando un appuntamento fisso il finto leak di probabili pubblicazioni prinsiane a inizio anno. Nel 2021 il mezzo di distribuzione utilizzato da Prince Estate è stato il sito francese Schkopi, che in un lungo articolo ha anticipato e tirato un po’ di somme sui progetti autorizzati dagli eredi di Prince.

Balasso lo ripete: “Siete dei magnaschei!”

Iniziamo con le cose inedite. A giugno o luglio dovrebbe uscire Welcome 2 America, un album di brani nuovi registrati intorno al 2010. L’album avrebbe dovuto uscire nel 2011. Tra i brani (il deludente) Hot Summer, Born 2 Die, Running Game (Son of a Slave Owner), Same Page Different Book. Forse condito con un dvd dei concerto.

Il prossimo deluxe, il formato magnaschei (cit. Balasso) dove sono rimasterizzati brani famosi mischiati a brani inediti, sarà Diamonds & Pearls. Una celebrazione del trentennale del periodo gangster di Prince, che, liberatosi dei fasti, dall’androginia degli anni 80, iniziò la nuova decade con un album meno pop e più R&B. Un lavoro di grande successo, che coincise con la sua nomina a vice-presidente della Warner Bros. e la firma sul contratto da 100 milioni di dollari per 6 album. La goccia che fece traboccare il vaso e provocò la guerra civile di fine anni 90 con la major. Sulla voglia di Prince di ottenere quel contratto ad ogni costo, Alan Leeds (disse a Matt Thorne che) raccontò che Prince fosse ansioso di battere gli accordi multimilionari che Janet Jackson e Madonna avevano firmato: Era così disperato di ottenere quel titolo (di artista più pagato dello show biz) che avrebbe permesso al suo team di negoziare alcuni diritti d’autore, certi diritti di pubblicazione e ogni genere di cose per ottenere maggiori garanzie. Le parole di Leeds raccontano la verità shakerata con la sana acrimonia che gli ex dipendenti hanno nei confronti del capo.

Proprio in quel periodo di battaglia con la major, Prince pubblicò il triplo intitolato Crystal Ball, che allora doveva rispondere alla sete dei fan di brani inediti provenienti dal Vault. Prince decise di affiancare il triplo Crystal Ball da due album inediti e recenti. Uno è Kamasutra. Colonna sonora del matrimonio tra Prince e Mayte Garcia e suonato quasi interamente da Prince, forse utilizzando il sintetizzatore Synclavier (oggetto di culto che venne utilizzato anche da Frank Zappa per il suo ultimo album: Jazz from Hell). Ampiamente sottovalutato, Kamasutra raccoglie le melodie di Prince degli anni 90. Per me fu come un accesso diretto alla sua cameretta e ai suoi sogni musicali. Mistico. Giocoso. Strumentale ma precedente all’era jazz. L’altro album che affiancò Crystal Ball fu il ben più apprezzato The Truth. Anche qui Prince aveva ascoltato i desideri dei fan; si era messo alla chitarra per costruire un album acustico così come veniva chiesto da più parti. The Truth è un’opera d’arte unica; è la visione di un musicista che conosce ogni grammo dello strumento. Per me è uno dei 5 migliori album di Prince. Prince Estate, a quanto sembra, ad aprile (ri)pubblicherà di nuovo il triplo Crystal Ball, rimasterizzato, ripulito (e completato dalle ricette vegane di Canavacciuolo?) forse sempre nel formato pentatonico con Kamasutra e The Truth. In questo caso, Prince Estate pare anche cercare di calmierare il mercato nero che fa pagare un Crystal Ball originale più di 300 euro. Una cifra spropositata, ma meritata per chi al tempo non seguiva le gesta dell’Artista precedentemente conosciuto come Prince.

Una nota a margine è necessario fare sul formato del Deluxe. Ho letto nelle varie interviste, non ricordo più dove, che i produttori prinsiani dei Deluxe si aspettano che i fan riprendano i contenuti per farne delle proprie playlist. La frase detta nero su bianco è una sincera dichiarazione di incompetenza artistica. Provo a interpretare le parole di Michael Howe e del suo compagno di merende: noi abbiamo scovato i brani nel Vault. Ve li mettiamo a disposizione in un bel cofanetto da 140 euro e poi vedete voi come ascoltarli. Un esempio della loro scarsa attitudine artistica è il cd intitolato Single Mixes & Edits RemasteredDisc Three che ripete uno dietro l’altro 2 versioni di La, La, La, He, He Hee, 2 versioni di Shockadelica, 2 versioni di Housequake e (per finire in bellezza) 3 versioni di Hot Thing. Uno sfinimento. Qui non stiamo ascoltando un’opera musicale, qui stiamo giocando a ciapanò. Questo cd sarà ascoltato una sola volta e poi prenderà la strada dell’archivio. Una mania ossessiva compulsiva da parte di chi ha compilato l’album che ha bisogno di qualche rimedio chimico. Se Prince Estate oltre a fare i daneè vuole fare conoscere Prince a un pubblico giovane, così non va bene.

Ma a questo problema pare trovare soluzione con il famoso documentario di Netflix, benedetto da Prince Estate. La produzione ha avuto diversi contrattempi. Dopo avere visto l’addio della regista Ava DuVernay, ora la produzione pare essere in mano a Ezra Edelman (vincitore di un Oscar per il documentario su O.J. Simpson). La serie dovrebbe vedere la luce nel 2022. Mentre su Apple+ (la concorrente di Netflix firmata da Apple) potrebbe presto sbucare il concerto del 1983 del tour di Purple Rain, condito di un documentario e testimonianze d’ordinanza.

Insomma, prepariamoci a tirare fuori un pò di money. Da parte mia, ho scritto questo articolo con la sana invidia nei confronti di chi ha la possibilità di ottenere informazioni di prima mano (e in anticipo). Ovvero, chi può intervistare le persone che fanno parte del cerchio ristretto di Prince Estate. Con me non lo farebbero neppure se mi nascondessi tra l’umido e la differenziata di Paisley Park.

La foto di Natalino Balasso è di sarasx is licensed under CC BY 2.0

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Isole

Finalmente su Netflix un film italiano che vale la pena guardare. Si chiama L’incredibile storia dell’Isola delle Rose. Racconta il percorso dell’isola artificiale costruita alla fine degli anni 60 al largo delle coste di Rimini. L’ideatore è un ingegnere bolognese, Giorgio Rosa, frustrato dall’impossibilità di vivere in una società più aperta alle sue innovazioni strampalate, ma funzionanti e che alla fine decide di costruire un suo stato. Una nazione vera e propria su una piattaforma al di fuori delle acque territoriali italiane con francobolli, valuta e passaporti. La fama dell’isola si allarga presto e diventa un luogo di incontro, di svago e contro-cultura per i giovani dell’epoca. La storia coinvolge, perché ci si immedesima nella sua battaglia idealista contro lo status quo, rappresentato da uno stato cattocomunista che cerca in tutti i modi di evitare un pericoloso precedente (nel film la parte più godibile è la narrazione politica, con gli scambi tra l’allora primo ministro Giovanni Leone e il suo ministro dell’interno Franco Restivo).

Per caso, considerando anche a chi è dedicato questo sito, la storia dell’Isola delle Rose ricorda lateralmente la storia del parco cachemire (Paisley Park 😂)? Paisley Park fu l’Isola delle Rose di Prince. Gli studi di Chanhassen sono stati la nazione autonoma dove governava (o imperava) Prince. La sua moneta erano le canzoni. Il passaporto erano i suoi concerti. Chi era il grande nemico di Prince, che nel film dell’Isola delle Rose è lo stato italiano? Forse gli stereotipi. Le categorie musicali e sociali. La disco e il rock. Per Prince non esistevano confini, non c’erano acque territoriali. Come gli uccellini che migrano sopra le nostre teste, impavidi dei confini, della Brexit e guidati solo dall’istinto. Lo stesso istinto, o gut (la pancia degli inglesi), che tracciava la strada della musica di Prince. Che gli intimava di rimanere chiuso a Paisley Park, senza contatti con l’esterno.

All’inizio della storia di Paisley Park, lo dimostrano le perle che stanno uscendo (per fortuna) dal Vault, il mondo di Prince era in battaglia contro il mainstream, rimanendo nel mainstream. Diventando il mainstream. Anche Prince incontrò il successo, riuscendo a rimanerne di fuori. Era la musica il suo strumento principale. Oggi i musicisti non fanno concerti perché mettono in piazza tutta la loro vita con i social. Prince sapeva o voleva misurare le parole, buttando lì delle fandonie per interessare il pubblico tipo quella che era di origine italiana. O la sua preferita, cioè che ogni tournée era la sua ultima tournée.

Adoravo la sua capacità di isolarsi a Paisley Park e di chiudere i rapporti con gli estranei, ampliando peraltro a dismisura la definizione di estraneo. Il suo solo obiettivo era produrre canzoni. Esplorare mondi musicali e implorare le donne nelle sue canzoni. Chissà, forse anch’io mi sono fatto un’immagine ideale di Prince, costruita su quello che so, che non è detto che sia vicino alla verità. Ma queste sono le regole del gioco dove è necessario avere il pathos della distanza. Non ti dovevi e non potevi avvicinarti troppo a Prince. E questo valeva – ovviamente – per i fan e anche per i cosiddetti esperti giornalisti.

Prince fu attratto dai social. Aveva un account di twitter dove scriveva post che poi cancellava. Un account su Instagram, dove Prince poteva mostrare la sua passione per la fotografia, che presto venne ribattezzato Princegram. Qualche sprazzo di streaming in diretta e un account su Facebook dedicato a lui con le ragazze, le 3rdeyegirl.

Prince non voleva raccontare la quotidianità come fanno i cantanti di oggi. Nessuna Emily che gli gestisse gli account dei social, Prince aveva rivisto alla sua maniera i social, per non cadere nella trappola dell’uniformità (e della falsa intimità). I cantanti dei giorni nostri usano i social per farsi e fare pubblicità. Lo fanno in maniera esplicita. Oramai, è un vizio comune. Su linkedin trovi decine di persone che intendono dare una mano agli altri, manco fossimo tutti la Croce Rossa, con annunci tipo: aiuto le persone e le aziende a crescere. Sono forme astute per vendere un servizio senza sembrare dei commerciali. Non so voi, ma io in giro vedo solo persone che, giocando sul cellulare alle gemme, cercano di tirarmi sotto mentre attraverso la strada sulle strisce pedonali (mi è capitato veramente). Altroché aiutare. Un post ci può dare uno spunto. L’idea per un libro e per fare un lavoro, ma non sarà un social che ci aiuterà a studiare per quel lavoro o a trovare gli soft skills necessari per farci largo nella giungla degli open space. Ipotizzo, quindi, che l’uso dei social sia principalmente un’attività di marketing. Come se ognuno di noi sui social avesse, che so, un negozio di abbigliamento e volesse avvertirci quando fa i saldi. Con questo non dico che sia illegale, tutt’altro. Dico che certe cose dovremmo trovarle dentro di noi. C’è questo libro di Pietro Trabucchi intitolato Perseverare è umano, che intende diffondere le soluzioni trovate dagli sportivi a persone normali come me. Il problema è che è più semplice guardare una storia di Instagram, comprare un gratta e vinci e sperare nella fortuna per fare il salto in avanti. Tutte cose che faccio io. Ma George Bernard Shaw diceva La libertà significa responsabilità. Significa anche impegno e resistenza. Se potessi tornare da Simone di 30 anni fa gli direi di tenere duro e continuare a fare musica, di non ascoltare gli altri, non cedere alle sirene di un lavoro qualunque da lunedì a venerdì, con le ferie pagate. Oramai è andata così, ma mi rimane questo ultimo tratto di strada da percorrere (insieme a voi, se vi va).

La musica bellissima (di Prince) che ci accompagna e ci ha guidato fino ad oggi ce la siamo andati a cercare. Non era nascosta tre le storie di Instagram. Era tra le fresche frasche dei nostri inverni solitari. Avevo nel cuore e nella mente il funk. Non so perché, ma so che ho sempre amato il ritmo funk. E allora come fu che mi avvicinai a Prince? La curiosità di trovare qualcosa di nuovo, girando tra le radio e le televisioni di allora. Non conoscevo la sua storia, che non poco mi stupì quando lessi la biografia A Pop Life. Poi un giorno ebbi la conferma da mio fratello che, sentendo due cose della colonna sonora di Batman e sfinito dalla mia passione per i Pooh, mi parlò bene di Prince. Con Graffiti Bridge stavo girando sulla vecchia Cassanese quando un Dj alla radio disse: se vi piace il funk dovreste comprare l’ultimo album di Prince.

Ed eccoci qua.