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Quando gli Ospiti Superano gli Artisti: 10 Esempi Memorabili

10 canzoni in cui l’ospite ha rubato la scena di Tim Coffman

A volte un artista non ha le capacità giuste per trasmettere la musica che sente nella sua testa. Per quanto si possa cercare di mettere insieme la migliore serie di note per un assolo di chitarra, è inutile sperare che un passaggio in studio possa magicamente trasformarvi in Satriani in un colpo solo. Non c’è da vergognarsi di coinvolgere un ospite per aiutare a dare corpo a una canzone, ma artisti come Kate Bush sono riusciti a rubare la scena a questi artisti iconici.

D’altra parte, probabilmente non è questa l’intenzione di nessun musicista quando entra in studio. Il più delle volte, si tratta solo di migliorare il brano, ma anche se hanno adempiuto al loro dovere di far balzare tutto fuori dagli altoparlanti, potrebbero aver fatto il loro lavoro un po’ troppo bene, togliendo la luce ad alcuni dei loro colleghi.

Perché per tutti i grandi musicisti della band, per metà del tempo potrebbero anche essere un gruppo di supporto per gli ospiti, che di solito lavorano su di loro e vedono dove andrà a finire la canzone. Senza rendersene conto, molti di loro hanno finito per diventare membri onorari del gruppo senza nemmeno accorgersene per metà del tempo.

Anche se alcuni di loro si esibivano un po’ troppo, lasciavano almeno al pubblico alcune delle linee, delle tracce o dei frammenti musicali più belli che gli sarebbero passati per la testa non appena li avessero ascoltati. Che fossero nascosti nel mix o posti in primo piano, qualcosa di semplice come suonare un paio di accordi rendeva impossibile per i fan staccare le orecchie da loro.

Al numero 1 c’è While My Guitar Gently Weeps – Prince (George Harrison/Rock and Roll Hall of Fame)

È stato un giorno triste per tutto il mondo della musica quando è stato annunciato che George Harrison ha perso la sua battaglia contro il cancro. È sempre stato il genio silenzioso dietro a tanti classici dei Beatles e, mentre la morte di John Lennon è stata così brusca, vedere Harrison spegnersi lentamente significava che sarebbe stata necessaria una celebrazione di massa quando la Rock and Roll Hall of Fame si sarebbe presentata. Come migliorare la perfezione di “While My Guitar Gently Weeps”? Beh, con Prince, ecco come.

Nonostante fosse una delle leggende più giovani sul palco quella sera, “The Purple One” si è pavoneggiato in mezzo alle sue icone e ha preso completamente il controllo della sezione solista del brano. Il tutto doveva essere un tributo a uno dei chitarristi meno appariscenti di tutti i tempi, eppure Prince si è presentato come se dovesse dare filo da torcere a tutti, da Jimi Hendrix a Eddie Van Halen.

Ma mai una volta l’appariscenza smette di essere di buon gusto. Ad ogni bend, Prince fa stridere la sua chitarra come solo lui sa fare, con tanto di pedalate sulla corda aperta e perfino con un perfetto lick blues per portare un po’ di sporcizia nel groove. Eric Clapton potrebbe aver fatto l’assolo sul disco, ma questa è probabilmente la versione più accurata del suono di una chitarra che piange. Ovunque Prince e Harrison siano oggi, è molto probabile che “The Quiet Beatle” lo abbia ringraziato per aver reso orgoglioso il suo brano.

Tradotto da: https://faroutmagazine.co.uk/10-songs-guest-stole-the-show/

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Ricordi di Prince: un anno dopo la sua scomparsa

Un anno fa alle 9:30 circa (16:30 italiane) Prince è stato trovato senza vita a Chanhassen. Chi mi conosce sa l’importanza che la musica di Prince ha avuto sulla mia vita. Le sue canzoni hanno accompagnato tutti i momenti più importanti della mia quotidianità che non potrei elencarli qui senza dimenticare qualcosa.

Anche se la sua assenza ha un sapore surreale, quel momento quando ho letto su Facebook che la polizia era a Paisley Park è fisso nella mia testa.

Ricordo perfettamente i nostri visi tristi quando eravamo a casa.

Ho ancora quel magone nascosto in qualche cassetto delle mie emozioni, un magone che già conoscevo bene. Il giorno dopo mentre tornavo a lavorare le lacrime scendevano lentamente sulla mia guancia, mentre le persone assonnate si preparavano al weekend con i loro trolley.

Ma dal 22 aprile Prince non c’era più e con lui è morta una parte della mia vita.

Non ho più 17 anni quando, mentre uscivo, a Milano c’era il concerto di uno che voleva tutti vestiti con i colori pesca e nero. Non ho più 18 anni quando, contro il giudizio di tutti i miei amici, ho comprato in Corso Buenos Aires il Lovesexy. Non ho più 19 anni quando come colonna sonora di un video con mia zia e mia mamma ho messo il suo Batman (e solo Giuliano se n’è accorto). Non ho più 20 anni quando ho ascoltato alla radio il funk di New Power Generation di Graffiti Bridge. Non ho più 21 anni quando a militare ad Albenga davano su MTV continuamente il video di Money don’t matter 2nite. Non ho più 21 anni quando in Piazza Bottini ho comprato Sexy Mf (cd e videocassetta). Non ho più 22 anni quando ascoltavo solo e soltanto e sempre il Love Symbol. Non ho più 23 anni quando a Bibione sul giornale c’era scritto che non si chiamava più Prince, ma neppure Victor. Non ho più 24 anni quando comprai Come, The Black Album e The Exodus, 3 album nello stesso anno. Non ho più 25 anni quando Prince era solo su Internet. E pure io esistevo solo su internet. Non ho più 26 anni quando comprai Emancipation ma (cazzo!) non avevo il lettore cd sull’auto della ditta. Non ho più 27 anni quando a Boston sul piano del residence dove dormivo suonai e cantai Starfish and Coffee e ricevetti il mio primo (e unico) applauso all’estero. Non ho più 28 anni quando sull’esempio di Days of Wild, scrissi Solosolo (che sarà il mio inno). Non ho più 29 anni quando imparai Bambi alla chitarra. Non ho più 30 anni quando tornò Prince. Non ho più 31 anni quando uscì The rainbow children e conobbi la magia della batteria suonata da John Blackwell. Non ho più 32 anni quando andai a vederlo per la prima volta dal vivo e pensai “che voce bassa che ha quando parla”. Non ho più 33 anni quando a Bruxelles a un piano suonai Condition of the heart ❤️ e Raspberry Beret davanti a un piccolo pubblico stupito perché si aspettava la Pausini o Nek. Non ho più 34 anni quando 3121 in italiano mi diede l’idea del nome del blog. Non ho più 35 anni quando giravo da solo per Berlino a fare foto grazie alla forza della sua musica.

Tutto questo è morto il 21 aprile del 2016. Tranne ciò che è iniziato l’estate del 2006 quando tu mi hai scritto una mail e contro le persone che ci giudicano è nata la nostra bellissima storia. D’altronde c’era una scala da salire e la stiamo scalando. Con uno come Prince non puoi fare finta di essere qualcun altro, come fanno quasi tutti intorno a me.