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Perché Prince può essere considerato un genio? (seconda parte)

Sei anni fa, iniziai a scrivere alcuni appunti su quanto Prince potesse confermare (o smentire) la sua fama di genio (qui la prima parte). Allora, elencai una serie di motivi, strettamente musicali, che ne facevano un vero precursore.

Parto da un’intervista a Wendy e Lisa, che, tra tutti i collaboratori di Prince, sono quelle sicuramente più sincere. Hanno voluto spiegare da dove arrivasse l’idea di Prince di creare una band multirazziale e trasversale. Ecco cosa rispondeva Wendy:

“Guarda il modo in cui si presenta durante Dirty Mind e Controversy e 1999. Era così androgino. Non gli fregava se eri [parafrasando Uptown di Prince] “nero, bianco, etero, gay, portoricano, o solo freakin” Lui voleva dei fan.”.

Prince, all’inizio della sua carriera, vuole arrivare al grande pubblico, vuole farlo in breve tempo e vuole che il successo sia molto grande. Decide così di accogliere tutte le razze di cui era formata la società americana. Non solo i neri, non solo i maschi seguaci del funky, ma pure gli omosessuali. Se poi rimangono fuori gli italiani, niente paura, Prince diceva in giro di essere di origine italiana, da parte di mamma. E l’oriente? Adore, di Sign o’ the Times suggerisce nella parte finale “Cento per cento, seta italiana importata e pizzo egiziano”. Per tutti c’è la sua splendida musica. Dove tutto ciò, peraltro, si sviluppava con armonia e distacco, raccogliendo le maggior influenze artistiche dell’epoca.

E questo era Prince sul palco, o sulle copertine dei dischi, che allora comunicavano molto di più di ora. Giù dal palco, Prince è molto riservato: rimane per lungo tempo in silenzio. Eddie Murphy, al party di Mtv per Purple Rain, ripreso anche nel dvd celebrativo del film, dice: “finalmente Prince parla!”. È vero, dall’inizio della sua carriera, sarà necessario aspettare il film del 1984 per sentire la voce molto silenziosa di Prince, che sa parlare, ma che spesso comunica in silenzio. Dave Hill, nel libro A Pop Life su Prince, sostiene che la migliore interpretazione da attore di Prince sia nel video di Raspberry Beret. Video dove scoppia in una tosse iniziale fuori luogo e generosamente elargisce sguardi a destra e sinistra, ma fa anche il sostenuto, evitando accuratamente la camera che lo inquadra. E’ un crescendo, fino al 1985, con l’intervista a Rolling Stone, annunciata dall’inusuale copertina della rivista dove lui stesso con Wendy & Lisa ride di gusto, Prince apre le porte del suo mondo. Titolo dell’intervista “Prince parla”. Ospita il giornalista a Minneapolis, nella sua auto, gli presenta il padre e lo porta nella sua villa dove, lui racconta, ha registrato gran parte di 1999. Questo descritto è un Prince normale, che saluta chi lo incontra per strada, e che si gode in pieno l’essere sé stesso. Ma la normalità, per Prince, è anomala.

Questo processo di creazione di suspence sembra casuale, non frutto di un progetto creato coscientemente. Fin dall’inizio, ovviamente, il pubblico di Prince vuole avvicinarsi di più all’uomo, scoprendo ciò che non si vede sul palco. Prince li tiene in sala d’attesa, creando una tensione, che si celebra nella sua musica e nei concerti. L’arrivo di Prince sul proscenio di palco accentua l’effetto dio sceso in terra. Il suo silenzio, i suoi dinieghi, i suoi capricci vengono interpretati dal pubblico e dai giornalisti, come parte di una grande circo che Prince ha messo in piedi fin dall’inizio.

Perché, però, a Prince viene permesso tutto questo? Perché Prince ha, almeno a quel tempo, una forte capacità di capire cosa vuole il pubblico, o cosa cerca il pubblico dalla musica. Si può, oggettivamente, credere che la sensibilità del triumvirato creato con Wendy & Lisa gli permetta di leggere od interpretare, anticipandoli a volte, gli umori del pubblico. Tutto ciò, gli concede l’etichetta di genio, a cui si può perdonare tutto.

Cade il governo sopportato dalla maggioranza composta da Wendy & Lisa, e la sorella gemella di Wendy, Susannah, e Prince torna a Prince. Produce il capolavoro di tutta la sua storia musica: Sign O’ The Times. Cambiano i protagonisti: Sheila E. va alla batteria, nella produzione Prince si fa affiancare da Levi Seacer Jr. Dopo Lovesexy esce di scena anche Doctor Fink (il tastierista alter ego di Prince). Prince, purtroppo, non è più in relazione con il suo pubblico. Quando si fida degli altri, come nel caso di Batman, il successo è strepitoso, ma quando fa di testa sua (Graffiti Bridge), non lo si riconosce più. Se le canzoni sono sempre splendidamente scritte e suonate, l’atteggiamento di Prince verso il pubblico è diventato dispotico. Prince non cerca più un rapporto naturale con gli altri, ma vuole solo vendere le sue idee. Non ci sono più Wendy & Lisa ad aprirgli gli occhi e lui perde una briciola del suo genio.

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