blog · Mostra Dopo La Pioggia

Prince non era il nome d’arte, asino!

Oggi è una delle mie giornate in stile Salieri. Mi riferisco al musicista italiano, che inaugurò la Scala con una sua opera, e che nella mia mente è l’archetipo del frustrato.

Oggi immaginatemi così:

Salieri interpretato da F. Murray Abraham in Amadeus.

Perché sono Salieri oggi?

Mi ritorna la frustrazione che ogni tanto fa capolino come blogger, fan di Prince e piccolo medio autore. Mi invento nuove strade di comunicazione per poter raggiungere le èlite italiote, che mi usano e non mi cagano. L’ultimo caso è rappresentato da una recensione che una sorta di giornalista/fan (che chiamerò il Gino) ha scritto sull’ultimo Deluxe distribuito da Prince Estate. Sto parlando di Sign ☮️ The Times; poco dopo avere pubblicato la recensione su un noto sito, mi ha mandato privatamente il link per capire cose ne pensassi. Lusingato, anzi lusingati, da questa proposta, ci siamo messi subito al lavoro per vedere cosa c’era scritto. Eccitati anche dal fatto che raccontasse Sign ☮️ The Times – Deluxe Edition 10 giorni prima della sua uscita.

Non farò nomi, per carità del sacro cuore della protettrice del Lago Minnetonka, ma la recensione aveva degli strafalcioni da urlo, che la Franca Falcucci – fosse viva – segnerebbe con la matita blu. Quello che ancora oggi ricordo (e che più che uno strafalcione è un insulto a Prince e alla sua vita) è Prince era il suo nome d’arte.

Prince non era il suo nome d’arte

Te lo vuoi mettere in mente?

Non solo è un insulto a Prince Rogers Nelson, ma alla madre che l’ha messo al mondo, al padre che suonava nel Prince Rogers Trio e che era soprannominato Prince. E pure la Warner, se vogliamo, se la potrebbe prendere. Prince s’era scritto slave sulla guancia, così, per sfizio secondo te?

Per fortuna la recensione, che i più attenti sapranno ritrovare, è stata poi passata al setaccio da diversi gruppi di Facebook, che ne hanno trovato altre incongruenze, tipiche di un recensore che crede di conoscere tutto, ma che alla fine non conosce nulla.

Va bè, a monte.

Io ho fatto la mia parte, e ci siamo divertiti a leggere quali curiose reazioni su Facebook aveva creato la recensione. Ammetto che avevo partecipato volentieri sapendo che eravamo alla vigilia della nostra mostra fotografica “Dopo la pioggia” e contavo che il Gino avrebbe ricambiato il favore scrivendo due righe su di noi. Mi bastava anche un post su FB, un tweet o un instagram. Non chiedevo un’intervista a Radio 24, o una puntata di un podcast su Audible, per dire. Ma niente. Io mando una piccola cartella stampa in giro e aggiorno il Gino sulle nostre vicissitudini (covid, photofestival). Lui mi fa qualche promessa, ma niente. Nessun articolo. Tantomeno passa a vedere la mostra. Se lo fa, non si palesa.

Morale: il Gino non è venuto, non ne ha parlato, quando ha avuto bisogno ci ha contattato, quando noi avevamo bisogno di lui, lui se l’è data a gambe.

Simpatico, vero?

Passano i giorni e il nostro tempo sotto la metropolitana di Porta Venezia finisce. Smontiamo il tutto e torniamo a casa con le nostre bellissime (provate a dire il contrario 😡) stampe. In attesa della prossima occasione, ci sediamo sul divano dove avvengono la maggioranza dei nostri briefing a base di Oreo e 1936 e ripensiamo alle 10 cose che abbiamo imparato da questa mostra. Beh, il Gino non lo invitiamo più.

Mostra Dopo La Pioggia

Monster diary pt.3

(diario della mostra)

La nostra giornata espositiva è una routine bellissima. Si parcheggia a Città Studi, dove prendiamo il 33 che ci porta in Corso Buenos Aires. I tram con i sedili di legno fanno parte della Milano che conosco. Adoro il tragitto che fa il 33. Il Politecnico che avrei dovuto frequentare. Le ville Liberty di Via Pascoli, dietro alla mia scuola elementare. Viale Romagna con l’edicola di Secondo e della Nelly dove per un giorno ho fatto l’edicolante. Lì ho imparato a contare i biglietti del tram. La Casa dello Studente dove lavorava mia mamma. Quando andavo a trovarla le sue colleghe mi riempivano di complimenti, quelli che non ho mai ricevuto dai miei nonni. Più avanti c’è Piazza Carlo Erba, dove nacque la Rizzoli e dove Giovannino Guareschi raccontava i suoi contemporanei sulle pagine del Bertoldo. È la Milano dove sono cresciuto. Non ho mai amato la città dei grattacieli, tant’è che ne ho sviluppato una fobia. A Milano i grattacieli sono una forzatura. Non abbiamo problemi di spazio come a New York City. E poi non dobbiamo far vedere per forza di essere degli americheni. Meglio copiare gli svizzeri o i tedeschi, che sono europei come noi.

Domenica 4 ottobre è un giorno speciale per la mostra. Luisa e Monica vengono a trovarci da Reggio e con loro incontriamo Sergio e Nikka. E ritorna (grazie!) Francesco. Non ho indossato una delle mie numerose magliette a tema prinsiano e non ho neppure gli orecchini. Ma non c’è problema, i ragazzi rimediano alla mia carenza. Loro mascherine sono spettacolari.

Da sinistra: Francesco DP, Simone (trentuno), Luisa G, Nikka, Sergio G., Luisa G. Giovanna (Ventuno). Pic panoramica by Nikka.
Da sinistra: Francesco DP, Simone (trentuno), Luisa G, Nikka, Sergio G., Luisa G. Giovanna (Ventuno). Pic panoramica by Nikka.

Parlando con loro sento la passione per la musica di Prince. Posso anche usare una parola esagerata, l’amore per Prince. Oggi non ci sono egocentrismi. C’è solo Prince. Ci sono i fan come noi che quel giorno erano a Paisley Park. E ci sono le foto.

gli animali si mettono in pose curiose
“gli animali si mettono in pose curiose”, nella galleria vicino a Paisley Park. pic by S

Anche oggi riesco a fare la mia gaffe quotidiana (scusa Francesco). La felicità di essere insieme a loro (oltre alla clomipramina che sto prendendo da qualche tempo) mi fa passare in fretta anche la vergogna. Parliamo di tutto. Del 21 aprile. Del libro di Maria Letizia Cerica, che contiene un’ipotesi nuova su quel giorno. Del nuovo Sign O’ The Times. Mi pare che tutti lo stiano ascoltando a piccole dosi. Parliamo dei primi concerti. Del più bello. Oggi non ci sono eroi. Oggi c’è Prince e la sua musica. Gli ahdio. L’Npgmusicclub. Poi, ognuno di loro si prende 10 minuti per girarsi la mostra. Bellissimo il gattino con sotto la scritta “Animals strike curious poses”. Ci chiedono: “possiamo fare le foto?”. Sì, per favore. Fate foto. Postatele e usate l’hashtag #dopolapioggiaprince. Qui è tutto gratis. Nikka mi chiede: “ma tu sei simon… ttx?”. Sì, sono io. “Ho riconosciuto lo stile”, mi dice. Non sapevo di averne uno.

Il tempo non esiste, gli orologi sì

Un giorno Prince disse: “il tempo è uno scherzo” (time is a trick) ed è così; mentre parliamo di Prince il tempo con i nostri amici passa in un lampo. In un attimo è ora di pranzare. Noi ci siamo dati una regola e preferiamo stare da soli (almeno fino alla fine del Covid) e così salutiamo il gruppo. In quel momento ripenso alla bellezza dell’amicizia. Penso a Mark e Paula. Penso a tutti quegli amici che ho allontanato per poi richiamarli, chiedendo mille volte scusa. Sono così. Non posso farci nulla. Sono così poco sicuro di me stesso, che devo mettermi sempre alla prova.

Come faceva Prince.

Mostra Dopo La Pioggia

Monster diary pt.2

(diario della mostra)

Ogni giorno funziona così. Entriamo e come l’FBI ognuno va ai propri posti di combattimento. Sistemo le piccole casse sopra le fotografie. Faccio partire la playlist e mi assicuro che i brani di Prince non suonino in ordine cronologico. Sarebbe un sacrilegio.

Come sono egocentrico

Siamo seduti al tavolo con le nostre letture a farci compagnia; Artepassante fornisce una biblioteca di riviste e libri dedicati alla fotografia. Una collezione di Progresso Fotografico che risale agli anni 60 e un’altra della rivista Photo che arriva fino agli anni 80. Dentro ci sono una miriade di idee. Di ricordi e il ritratto di un’Italia che non esiste più. Poterle sfogliare e fare un salto nel tempo è un regalo inaspettato di questa mostra .

Entra un signore che ci chiede di firmare il catalogo della mostra. “Ho visto il concerto del 1988” ci dice. Io mi emoziono e non ce la faccio a lasciare una firma; firma Giovanna. “Sarei una pessima rockstar” penso. Passa il tempo. Non entrano molte persone, ma noi ci sentiamo orgogliosi di ogni sguardo che incrocia le nostre foto; le dimensioni degli ingrandimenti sono tali per cui le persone le possono osservare mentre passano. Bello rimanere qualche minuto nelle retina di questi sconosciuti.

Cammino avanti e indietro. “Magari mi scambiano per un visitatore e altri mi seguono” penso. Mi fermo davanti ad alcuni scatti che so di avere sbagliato. Mi avvicino all’ingrandimento sperando che l’errore sparisca. Ho in mente un visitatore che ha indicato con il dito proprio dove l’errore è più evidente. Mi mordo ogni volta le labbra per quello scatto. Le nostre foto sono come noi; documentare ciò che i nostri occhi avevano visto. Non vogliamo commentare o giudicare nessuno.

C’è un signore che pulisce l’area di passaggio intorno alla mostra. Cammina adiacente alla vetro che costeggia l’entrata. Ogni tanto butta un occhio verso di noi. La galleria che unisce le due fermate sembra un “non luogo”. Ci sono delle dinamiche che non vedi quanto passi per andare a lavorare.

Un altro signore entra. Guarda con attenzione tutte le foto. Ci fa prendere uno spavento quando, trasportato dalla sindrome di Stendhal, urta contro il divano e per poco non va per terra. Poi sparisce dietro alla ricostruzione della recinzione di Paisley Park. Lì sopra troneggia una maglietta fatta fare da mia mamma, prima della mia partenza per gli USA nel 1996. Fu una sorta di benedizione della mia passione per Prince.

La mostra ha compiuto una settimana.

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Monster diary pt.1

(diario della mostra)

I due giorni di allestimento mi hanno distrutto. Sono stato travolto dall’emozione e sono partito come un razzo. Ma anni di “lavoro” davanti a un computer mi hanno trasformato in una mammoletta; quando c’è da darsi da fare veramente con martello, ramazza e chiodi perdo le forze. Poi mi guardo in giro e vedo l’energia e il sentimento che abbiamo portato in questo luogo e riprendo a lavorare.

Corriamo avanti e indietro, perché abbiamo solo un martello, le puntine sono nella scatola e dobbiamo ancora decidere quale ricordo giallo vorremmo appendere. Avevamo contato una ventina di foto, ma è così complicato sceglierle. Non è complicato. È impossibile. Se Artepassante c’avesse dato altro spazio saremmo andati avanti fino alle soglie della fermata di San Babila.

All’ultimo momento mi rendo conto che manca la musica. Portiamo l’ingombrante lettore cd o le casse neroazzurre senza fili? Ma sono scariche, diamine! (Beh, non ho proprio detto diamine…). In auto usiamo Spotify per creare una playlist per la mostra. La regola è semplice: un brano per ogni disco. Ci sono With You (la nostra canzone), The Morning Papers, Condition of the Heart, Electric Intercourse.

Arriviamo ma è ancora chiuso. Allora, via a prendere le chiavi. “Il suo nome?” mi chiede il tipo della stazione. Sbrigate le formalità, con le chiavi corriamo ad aprire. C’è da rifinire la recinzione di Paisley Park. È bellissima! È uguale a quella di Chanhassen dei primi giorni di giugno. Provo lo stesso senso di assenza e di presenza; avremmo voluto sentire la sua musica in quel luogo suburbano. Tyka non ci ha mai risposto.

Francesco è il primo ad arrivare. Ci chiede “cosa avete provato quando eravate là?” Quel luogo, gli dico, è immenso per un uomo così piccolo. L’ha costruito solo con la sua immaginazione. Ancora mi guardo in giro. Guardo le foto e cerco uno scatto che riesca a far capire alle persone le dimensioni di Paisley Park. Poi, gli vorrei dire, che strano pensare che alla fine ci viveva da solo. Come un anziano nonno in compagnia dei suoi ricordi. Da lì sono passati tutti. Kim Basinger, Madonna, Alicia Keys, Lenny Kravitz, le sue mille donne, Mayte e i loro sogni di una famiglia. E chissà quante altre storie che solo lui sapeva.

Due ragazze si fermano a chiederci notizie: “perché avete scritto che non festeggiava più il compleanno?” Sorrido dentro di me, perché sento che ha funzionato quella voglia di stuzzicare la curiosità verso Prince. Rispondiamo, quasi in coro e con l’aiuto di Francesco. Raccontiamo la storia dei Testimoni di Geova, del figlio con Mayte e dell’arrivo del cattivone che lo porterà sulla cattiva strada.

Arrivano altri amici fan di Prince come noi e entriamo in quel luogo surreale che Prince ci ha regalato. Quel senso di fratellanza, che avevo scoperto a Paisley Park. Abbiamo un amico in comune, che ci ha dato tanti bei momenti e ora non c’è più. Vorrei tanto raccontare la nostra storia. Ci sono le foto. Ognuno di noi ha un racconto. Li ascoltiamo diligentemente tutti. Ognuno racconta la propria storia come se fosse speciale. Come se Prince fosse solo suo. Tutti sono proprietari di un pezzetto di Prince. E mentre gli altri parlano mi viene in mente che la nostra mostra fotografica nasce proprio per dire agli altri che Prince è di tutt. Non solo nostro. Poi mi ricordo dell’immagine dell’entrata degli studi. 7501 Audubon Road. Del cartello.

Prince non c’è più.

Mostra Dopo La Pioggia

Prince day

Un’anteprima della mostra Dopo La Pioggia

7 giugno 2016 Lo so, lo sappiamo, non festeggiavi più il tuo compleanno. Non festeggiavi più nulla. Non votavi alle elezioni e poi c’era tutta quella tiritera dell’andare di porta in porta, come i venditori di enciclopedie, ora sostituiti dai briganti dell’enel. Sappiamo anche di chi è la colpa di tutto questo, ma facciamo finta di nulla. Il 7 giugno è per tutto noi una data storica. Non è un giorno come tutti gli altri. Fa parte dei nostri calendari da quando ti abbiamo conosciuto e ci sarà fino alla “fine dei giorni”. E’ una delle tante cose che abbiamo ereditato da te e che ci teniamo stretti. Perdonaci.

Mostra Dopo La Pioggia

Creatività

Un’anteprima della mostra fotografica Dopo La Pioggia

Giugno 2016 Visitando la recinzione di Paisley Park ho toccato con mano la creatività dei fan di Prince, fan come me, come noi. Persone che hanno voluto dimostrare quanto la musica e la generosità artistica di Prince (cioè l’avere dedicato la sua vita per questo) fossero entrate nel loro cuore, grazie alle emozioni scritte nei loro ricordi. Come con questo disegno tridimensionale, ispirato da un noto singolo tratto da Around The World in A Day. Nella nostra piccola mostra fotografica di marzo esporremo le immagini agli oggetti creati dai fan di Prince che abbiamo scattato dal 2 all’8 giugno 2016. La mostra si chiamerà Dopo La Pioggia.