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Perché Prince può essere considerato un genio?

Prima parte (31 agosto 2003)

Chiunque segua le gesta di Prince, e si vanta con gli amici di esserne fan, prima o poi deve rispondere a questa domanda: perché Prince viene considerato un genio ?

Prima di tutto: anch’io, che scrivo qui, credo che Prince sia un genio ? Sì, ne sono convinto anch’io. Più di una volta mi ha dimostrato con i fatti di poter farmi dimenticare tutto ciò che sapevo sulla Musica e sulla sua musica. Faccio un esempio.

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Computer Music

Parliamoci chiaro, io sono un perito informatico. Non esisterei se non fosse per i chip, la silicon valley, Steve Jobs & Bill Gates, Pro Tools & Cakewalk, il Commodore Amiga. Trapasserò, speriamo presto, davanti a una qwerty. Quando la mia vita incrociò la musica di Prince, a Paisley Park si era messa da parte l’elettronica. Siamo nel 1991 e dopo anni di batterie elettroniche, Prince riprende i vecchi amici di Minneapolis (che poi era solo Sonny Thompson) e fa un album di grande successo. Non il mio preferito, ma senza dubbio un album importante.

Riavvolgiamo il nastro un’altra volta.

Avevo già acquistato Lovesexy e Batman, ma non era scattata la scintilla. Quando andammo a vedere il film del pipistrello manco rimasi colpito dalla giornalista, pensa te, ma da quel pazzo-erotomane di Jack Nicholson. Eravamo nel cortile della biblioteca di Gorgoncity, a pochi passi dal parco, il cui guardiano era stato rinominato il parcheggiatore. D’estate passavo dal giornalaio, prendevo la Gazzetta dello Sport e in bicicletta andavo a leggerla al parco. Giorgio, il cui papà faceva il frontaliero per le Ferrovie dello Stato a Lugano, mi disse: sembri un pensionato. Avevo 18 o 19 anni. Già puntavo al tramonto, più che all’alba. Mentre quei quattro insistevano con il trovatevi in garage per suonare, io facevo musica nella mia cameretta. Ero depresso. Invece un giorno arrivò 1999. Maccheccazzo. Tutta questa musica insieme? Quella batteria elettronica lanciata per diversi minuti, con pochi suoni, a volte con degli scherzi, era la perfezione. Meno è più. Anche se più me lo meno. più vengo meno. Cazzate. E poi c’era la chitarra elettrica e: I like it funky! Ancora oggi, 1999 è l’album che mi predispone al rimedio chimico ed elettronico. Non avevo ancora iniziato la mia fase terapeutica, ma già sentivo qualcosa di simile dentro di me. Lui aveva immaginato il gioco di ruolo, ma con Jill Jones tra i cap-peli è più facile, no? Allontanando gli spiriti, sai che c’è una frase che potrebbe aprire la strada della felicità: Rain is wet, Sugar is sweet. Al telefono, uno sconosciuto mi disse: Te l’hanno detto che Prince è omosessuale? Cosa? Wendy & Lisa lo sputtanano. Che cazzomenefrega se Prince è omosessuale (a parte preoccupare daddy?). Parliamo di musica: ci sono persone che ancora stanno lì a discutere sulla genialità di Gary Numan, disse Prince. Gary Numan rispose: questa cosa mi ha aiutato. Ogni volta che qualcuno del genere parla positivamente di te, allora un sacco di persone lo leggono. Vedono il tuo nome sotto una luce positiva. E questi andranno a cercarti e vedere cosa fai, forse a qualcuno piacerai. Sembra che il riconoscimento abbia tenuto viva la mia carriera. Annotarsi sulla Moleskine: la felicità è figlia di ciò che pensi di te o di ciò che gli altri pensano di te? La signora tassista che portava Prince in giro per LA non sapeva che esistesse la new wave inglese. C’è questo film su Amazon Prime intitolato Control e dedicato Ian Curtis, cantante dei Joy Division. Il film è del 2007 ed è un ritratto della provincia inglese degli anni 70. Del proletariato pro-brexit. Proiettato in bianco e nero e diretto da Anton Corbjin. Curato nei particolari musicali (alcuni brani escono proprio dalle loro registrazioni). Sì, è la provincia Manchester (Ian tifava City, per dire), ma potrebbe essere Edina, Cernusco, Correggio o North Minneapolis. La musica è motivo di creazione per vincere le paure. Fino a diventare un boomerang; il complemento oggetto del dolore diventerà il soggetto. Arrivavamo dagli anni 60. La libertà sessuale all’Esselunga, la guerra in Vietnam si era chiusa al VAR, il paradiso in terra. Il sei politico. Tutti promossi senza fare una mazza. Quando poi siamo entrati negli anni 70 ci siamo accorti che la libertà non era nulla di buono. Che ci faccio adesso con tutta questa felicità se sono senza soldi? Piazza Fontana, l’anarchico Pinelli, l’omicidio Calabresi e i toscani che facevano tremare le mura della Casa dello Studente in Via Pascoli. Abbiamo perso la verginità; era un quarto di secolo che la DC ce lo metteva nel sedere. Ci mancava solo il Golpe Borghese per farci capire che non avremmo mai raggiunto la pace dei sensi. Io andavo a fare le elementari dalle parti di Piazza Leonardo da Vinci. Il mio primo giorno di scuola mio papà non c’era e venne mia mamma che fece delle foto spettacolari. Era il 1976, o il 1977, o il 1975. La mia maestra era antipatica e fascista. In quinta ci disse: Mussolini ha fatto anche delle cose buone. Non è vero un cazzo, vecchiadimmerda. Mi fanno ridere quelli che oggi si lamentano dei maestri cattocomunisti. Io ne ho avuto una che menava i poveri per dare ai ricchi.

Questi erano gli anni 70. Prince li prese, li mise in tasca e ci costruì sopra 1999. Ian Curtis provò a raccontarli, ma finì come finì. Nel 1980 i Pooh incisero Non Siamo In Pericolo. Gli anni 70 erano finiti. Non era il caso di continuare a darci delle bottigliate sui maroni. Perché non sfogarci con l’estetica? Mtv nasceva in quei giorni. Era il primo passo verso gli influencer (rob dè mat, Ferragni). E con l’arrivo dell’AIDS tutto divenne un grosso punto di domanda. Sembrava sufficiente guardare una ragazza sul metrò per diventare conclamati. Spaventati da un mondo inospitale: Welcome 2 AIDS, scrivevano le modelle sullo specchio dell’hotel quando ti svegliavi la mattina e lei se n’era andata. Avevano rovinato il sesso, rimuovendo l’amore. Avevano rovinato le personalità, rimuovendo le paure. Avrebbero rovinato l’estetica, rimuovendo il carattere.

Cristina dice che i computer erano il mio luogo sicuro. Lì era tutto o zero o uno. Non c’erano i miei genitori a litigare. Non c’erano i miei nonni a far litigare i miei genitori. Lì potevo anche avere un fratello e non un nemico. Lo costruivo con le mie forze. Bello o brutto, faceva quello che volevo io. Al limite andava in errore. Poi bastava gestire l’errore. Il computer non mi sputtanava con gli altri. Non mi sparlava dietro le spalle. Non sarebbe andato da mio papà a dirgli che avevo sbirciato nel regalo di Natale, come aveva fatto mia nonna. Mio papà tornò a casa e (letteralmente) saltò sopra al pacchetto, distruggendolo. Fu come una furia. Fu la sua risposta alla mia richiesta di diventare grande. Avevo detto: adesso che so che Babbo Natale non esiste, possiamo mettere i regali davanti all’albero? Si vede che non era d’accordo. Ma mia nonna non si poteva fare i cazzi suoi? Mio padre era capace di sfuriate nervose che spaventavano tutta la famiglia. Una cosa curiosa, che non ho mai ben capito, è che lui dopo queste sfuriate non veniva a cena. Oltre averci gentilmente donato qualche minuto di ansia e angosce (e la paura che potesse sfoderare l’arma d’ordinanza), ci mollava e non veniva a mangiare con noi. Io mi domandavo: ma che cazzo c’entra? Un egocentrismo portato all’eccesso. Mia mamma dice sempre: se il braccio ti fa male alzandolo, perché lo alzi?

Quella ricetta di Prince mi fu fatale. Quando lessi A Pop Life con tutte quelle vicissitudini famigliari. In qualche maniera mi rispecchiai. Quella capacità di catalizzare nella musica tutta la sua rabbia, fu una vera e propria epifania. Io, per il bene comune, non l’avevo mai fatto. A tratti forse, ma mai con la sua precisione. Va bene, va bene. Ho esagerato. Spero di senta l’ironia. Torno in me stesso. Non potevo certo mirare ai risultati di Prince. E poi io vivevo ancora con i miei. Non avevo Bernadette Anderson che mi potesse ospitare e insegnare: un po’ di disciplina è ciò di cui hai bisogno. Prince dedica una frase alla sua mamma adottiva, prima di dedicarne una alla madre (la sorella era già stata omaggiata). Non so se ci siamo capiti.

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Prince, the Underdog

Non penso Prince abbia mai scritto una canzone intitolata Underdog. Forse perché sarebbe stato pleonastico.

In inglese Underdog significa tante cose. A me piace il significato legato alla competizione dove l’underdog sarebbe il partecipante che non ha i “favori del pronostico”. Nella sua pazza stagione degli anni 90, Prince rappresentò un ottimo esempio di Underdog. Scomparso dai radar della musica mainstream, Prince preferiva combattere la sua battaglia contro il sistema (o contro il “governo” avrebbero detto i milanesi Elio e le Storie Tese) da solo, dalla sua cameretta a Chanhassen (cameretta, si fa per dire…).

Ho una simpatia naturale verso gli Underdog. Chi lo sa, forse vale un po’ per tutti; ci stanno simpatici quelli che fanno più fatica degli altri nel raggiungere il risultato. Anche se non arrivano primi, quando conosciamo la loro storia diventiamo dei loro fan. In fondo, è questo ciò che è sempre capitato a Prince. Raccontare la propria vita nel film Purple Rain fu il trampolino di lancio della sua carriera. Anche se per qualche tempo ha snobbato quel periodo (mi riferisco sempre a quella pazza stagione degli anni 90) in fin dei conti Prince non esisterebbe senza Purple Rain. O forse sarebbe stato un Underdog per tutta la vita.

C’è questo video su Youtube che sta ricostruendo la vita di Prince attraverso le voci dei protagonisti. Si chiama “Once Upon a Time in Minneapolis”. Il documentario viene pubblicato su un account misterioso chiamato Sinnik22. Anche qui siamo di fronte all’Underdog della serie di Netflix dedicata a Prince e della quale abbiamo perso le tracce tempo fa. Nel 2018 ci avevano detto che la regista del momento Ava DuVerney si sarebbe dedicata alla produzione della serie, mentre nell’agosto di un anno fa lei stessa dichiarava di essersi chiamata fuori dal progetto. Come sia possibile che nel 2020, esista qualcuno che decida di non lavorare sul materiale di Prince mi è sconosciuto. Mah…

Tornando a parlare della serie “Once Upon a Time in Minneapolis”, la qualità scadente e la difficoltà nel comprendere gran parte dei termini inglesi non mi stanno disturbando. Anzi il low-budget rende il tutto più interessante, riservato a pochi e persino eccitante. D’altronde, alcune testimonianze sono davvero gustose.

C’era una volta a Minneapolis

Nella prima puntata che potete vedere qui sopra (la playlist comprendente tutta la serie), il racconto inizia con la premiere di Purple Rain al Mann Chinese Theater di Hollywood, Los Angeles, cioè il simbolo del cinema americano (il teatro che ha ospitato la consegna degli Oscar e che nel pavimento davanti all’entrata ospita le impronte delle mani degli attori). A parlare è Alan Leeds, a quel tempo Tour Manager di Prince, che si trova nella limousine con Prince stesso. Alan è seduto di fianco a Prince. Mentre davanti, di fianco all’autista c’è seduto Big Chick, la mastodontica guardia del corpo di Prince. Le limousine si avvicinano in fila indiana. In una, dice Alan, ci sono Wendy e Lisa. In una c’è Bobby e Fink. E così via. I protagonisti del film stanno facendo il loro ingresso nel mondo delle celebrità.

Al teatro li aspettano una sacco di VIP, di attori, di cantanti e di personaggi già famosi. Mentre le auto si avvicinano, Big Chick viene aggiornato dai suoi colleghi via walkie-talkie su ciò che avviene al teatro. Quando sono a cinque o sei isolati dal teatro, uno dei ragazzi della sicurezza racconta ciò che vede e parla di una cosa mai vista prima, “ci sono migliaia di ragazzi e la polizia sta impazzendo per controllare la folla”. Prince sente queste parole uscire dall’interfono e qualcosa succede nella sua testa (qualcosa si rompe, dice Alan). Con un filo di voce, Prince chiede a Big Chick: “cos’hanno detto?”. Alan osserva il viso di Prince e ha di fronte uno sguardo di stupore misto a paura (Alan usa la frase idiomatica “deer in the headlights“) e prosegue il racconto così:

Nel cervello di Prince passano tutte le immagini legate all’impegno profuso in quel periodo. Gli accordi per fare il film, la registrazione dell’album, le anteprime al First Avenue. Tutto era servito a questo momento. Tutto ciò che era nato dalla sua immaginazione. Per una frazione di secondo era perso. Mi ha preso la mano e ha ripetuto, sempre con un filo di voce tremolante “cosa ha detto? digli di ripeterlo!”. La sua mano tremava. Questa cosa sarà durata 10 o 15 secondi. Poi, improvvisamente, Prince si è irrigidito, ha indossato la sua (imperturbabile e imperscrutabile) faccia da poker e da quel momento in poi è tornato Prince.

Prince the Underdog
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Internet is over: chi disprezza ama

Internet è morto e anche MTV non sta molto bene.

La dichiarazione di Prince “Internet is over” ha fatto rapidamente il giro dei siti web guadagnandosi una certa popolarità. Prince, forse inconsciamente, è riuscito a guadagnarsi spazio ed esportare con successo il suo 20TEN anche dove non veniva pubblicato ufficialmente.

Non c’è nulla da dire, questa mossa ha funzionato. Ora, se la Warner decidesse di distribuirlo nei canali classici, probabilmente qualche ricavo in meno la major lo sconterebbe, ma rimane il fatto che di 20TEN se n’è parlato molto di più del suo fratello maggiore, ma più sfortunato Planet Earth, che era stato distribuito dalle parti della regina Elisabetta assieme ad una rivista ed anche all’entrata dei concerto all’O2. Se Prince pensa alla nuova musica solo come veicolo promozionale, e non ad un vero e proprio ricavo monetario, allora – come detto – la mossa ha funzionato.

A titolo esempio, mi preme citare ciò che ho letto su punto informatico (https://www.punto-informatico.it/prince-e-la-fine-di-internet/), una testata web discretamente famosa, che ha sfruttato la dichiarazione di Prince “Internet è finito” ed anche il corollario su MTV, per farci su un articolo. Lasciando perdere i discorsi anacronistici – secondo l’autore dell’articolo Prince si farebbe ancora chiamare The Artist – il post riprende pari pari quanto detto da Prince al Mirror (https://www.mirror.co.uk/3am/celebrity-news/inside-princes-bizarre-life-paisley-233220) e lo mette a disposizione dei leoni dei commenti – che anche da queste parti si sono fatti notare per maleducazione, ringraziate loro se ora i commenti in questo blog sono moderati. Il risultato è un post altamente commentato (ad oggi i commenti sono più di 90) nella scia degli articoli dedicati all’iPhone.

Andando oltre l’apparenza, Prince dice delle cose sensate, che non è necessario condividere, ma che possono uscire dalla bocca di un nato nel 58 o di chiunque abbia avuto a che fare con la c.d. musica analogica.

La cerimonia che una volta ci avvicinava alla musica, al momento di ascoltare un disco di vinile che aspettavi per mesi e che finalmente arrivava a casa tua nella sua busta colorata è quasi completamente persa. Ora giriamo con un macinino nella tasca che contiene 15.000 mila brani, esso può saltare da una canzone all’altra senza che si riesca veramente a capire chi si ascolta. L’arrangiamento, la ricerca timbrica o musicologica. La progressione degli accordi o l’assolo di chitarra. La ricerca di un brano è stata fagocitata dalla bulimia dello scaricare mp3 su mp3. Senza sapere se quei 5mega di roba contengano qualcosa di veramente interessante. Abbiamo perso il gusto di farci un nastro con le cose migliori che abbiamo nella testa e vogliamo solo raccogliere il più possibile. Una collezione che non potrebbe mai avere un fine; non ci darà mai soddisfazione In realtà i mezzi per raccoglierci intorno al fuoco della musica che amiamo li abbiamo ancora, ma rincorriamo un’autostrada fatta di zero e uno che ci fa perdere la testa.

Ascolto da qualche giorno 20TEN e lo ritengo uno dei migliori album di Prince. Se non altro per la sincerità, l’accuratezza e la concretezza con cui ci ha lavorato. La sua voce è sempre in primo piano. Non più oscurata dai riverberi di Planet Earth, non è nascosta dai ritmi costruiti da Pro Tools in Mplsound o sommersa dalle vibrazioni hendixiane di Lotus Flow3r. Prince ha raggiunto una capacità di scrivere, elaborare, arricchire e produrre che rasenta la perfezione. E se, dal vivo, continua a proporre la stessa scaletta dal 2003 – forse per andare sul sicuro – in studio non ha bisogno di altri se non di sè stesso.

In fin dei conti, ci chiede di dargli maggiore attenzione: glielo possiamo concedere. No?

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Mandatemi tutte i miei cd che avete comprato. Però non vi ridò i soldi…

#tbt dal blog Trentuno Ventuno (formerly known as TreUnoDueUno), pubblicato l’8 ottobre 2003.

Prince Singalong @ Coolidge Corner Theater“Prince Singalong @ Coolidge Corner Theater” by Prehensile Eye is licensed under CC BY-NC-SA 2.0

Più o meno suonava così la richiesta che Prince aveva fatto, dal suo sito, nel luglio scorso. Chiedeva ai fan di tutto il mondo, di raccogliere quei remix che la Warner aveva distribuito durante l’accesa guerra tra Prince e la sua precedente casa discografica. Fino a qualche tempo fa non se ne era capito il vero motivo, fino a quando ho trovato quest’intervento sul sito di Mtv link (stranamente attento alle vicende di Prince). Quest’articolo fa riferimento ad un messaggio spedito dal npg music club, per giustificare la richiesta, davvero stramba in un primo momento.

“Not long ago, an unauthorized version of the concert film ‘Sign O’ the Times’ surfaced online. Supposedly originating in Brazil and distributed by WEA International, this DVD is not something that was approved by Prince or any of his affiliates. We all know that Prince is one of the most bootlegged artists of his generation, and while much of the activity is tolerated, it crosses the line when Prince’s former record company gets in the mix. The (reason of this request is) to show a federal court the actual truth of this age-old rift between artist and label. Let Prince steward his own catalogue, then the “coupled”, poor-quality, unmastered versions of his classics would cease. Imagine in 2004, a brand new, pristine, remastered version of ‘Purple Rain,’ released on high-definition DVD with extras, outtakes and liner notes from the Artist himself.”

Non molto tempo fa, un versione non autorizzata del concerto di Sign O’ the times è comparsa on-line. Probabilmente prodotta in Brasile e distribuita dall’etichetta Wea International. Questo Dvd è qualcosa di non approvato da Prince o da qualsiasi altro suo rappresentante. Sappiamo benissimo che Prince è uno degli artisti più scambiati dei suoi tempi, e mentre molta di questa attività è tollerata, supera il livello di guardia quando c’è di mezzo la precedente casa discografia di Prince. La ragione di questa richiesta è dimostrare davanti ad un corte federale la verità sulla spaccatura tra l’artista e l’etichetta. Lasciamo che Prince gestisca il suo catalogo ed allora queste copie, di bassa qualità, non originali smetteranno di esistere. Provate ad immaginare, nel 2004, un nuovissima, immacolata, remasterizzata versione di “Purple Rain” realizzata su Dvd ad alta definizione, con molti extra, fuori onda e con l’aggiunta di note scritte da Prince stesso.

Ecco come stanno le cose:

1) i bootleg che girano di Prince, sono tollerati dall’artista stesso, quindi condividete a più non posso ! (a mio parere è qualcuno a nome suo che li produce e li distribuisce).

2) nel 2004 uscirà una nuova versione del film Purple Rain.

3) quelli della Warner sono dei cattivoni.