Intervista · Traduzione

Ciò che accadde: Lisa Coleman e Wendy Melvoin

Su Vibe.com uscì nel 2009, mentre Prince pubblicava Lotus Flowers, un’intervista a Wendy & Lisa. Ecco la traduzione di Giovanna.

Il duo dei Revolution sul sogno perduto di Prince.

Parlando alla tastierista Lisa Coleman e alla chitarrista Wendy Melvoin delle loro esperienze di lavoro con Prince, mutevole Dio del funk-rock, i racconti sembrano infiniti.

Così tanto mutevoli che non potremmo dedicare la maggior parte dell’intervista al duo nei nostri 51 migliori album che siano mai stati confezionati e che ora hanno gettato luce sul leggendario inedito progetto di Prince del 1986, Dream Factory (Paisley Park).

Al giorno d’oggi Wendy e Lisa -le più celebri componenti della band Revolution che accompagnava il Purple One negli anni ’80- stanno ancora facendo musica senza concessioni con la pubblicazione dell’ultimo album White Flags of Winter Chimneys (wendyandlisa.com).

Quanto a Prince, la cinquantenne icona musicale, è più prolifica che mai. La superstar pubblica il 29 Marzo un triplo CD, LotUSFLOW3R, MPLSoUND e il terzo album della sua protetta Bria Valente tramite un accordo esclusivo con la catena di negozi Target. Così com’è registrare con un talento prodigioso che sa scrivere canzoni come se si lavasse i denti, come usa dire Lisa? Leggilo.

Vibe.com:  L’album Dream Factory rimane uno dei più ambiti lavori inediti di Prince. Cosa vi ricordate dell’inizio delle sessioni in studio?

Wendy: Quando ci stavamo lavorando non si chiamava Dream Factory. Non era quel disco. Il periodo tra Parade e il Sign O’ The Time di Prince fu incredibilmente prolifico per me, Lisa e Prince insieme.

C’erano così tante canzoni che non finirono su nessun disco e che successivamente finirono su Sign O’ The Time. In quel periodo ricordo che Susannah, mia sorella, faceva un sacco di parti vocali su quel disco.

Lisa: C’è anche un altro disco che le persone chiamano Crystal Ball; ricordo che facevamo canzoni lunghe 15 minuti e tutte le diverse parti.

Wendy: C’era anche “Roadhouse Garden” che era inedito come parte dello stesso.

Lisa: Viaggiavamo e lavoravamo tutti i giorni.

L’abilità di scrivere canzoni di Prince è diventata leggendaria. Com’è stato lavorare con un artista che poteva scrivere e registrare una canzone in un giorno?

Lisa: Prince può scrivere una canzone al giorno. Ricordo che tutto quel periodo fu estremamente creativo. Esploravamo davvero un sacco di cose. Fu comprata nuova attrezzatura.

Wendy: Lisa ed io in quel frangente comprammo il Fairlight (campionatore).

Lisa: Il Fairlight era solo d’ispirazione per un autore come Prince, e per tutti noi. C’erano suoni di flauto, suoni del vento, campioni di voce, suoni di battiti di mani. Dovevamo solo costruire queste canzoni attorno ai suoni.

“All my Dreams” è senza dubbio il culmine di Dream Factory. Nella cornice di quel brano si possono sentire le influenze jazz dei musical hollywoodiani del 1930. Era una traccia molto ambiziosa.

Wendy: Mi faceva pensare a un classico Kid Creole and The Coconuts. Prince aveva questa speciale sorta di personalità alternativa mentre la cantava. Cantava una traccia con un megafono mentre l’altra era una traccia pulita e le mixava insieme. E Lisa ed io facevamo quei cori pazzi.

Lisa: Prince ci diceva quando fare i cori. “Cantate come se foste Betty Davis”. Se non eravamo nello studio guardavamo vecchi film in bianco e nero e tutta quell’epoca di “Follie di Broadway” (film musicale del 1930, ndt).

Fu durante quel periodo in cui i Revolution erano con Prince nel Hit&Run tour. Ragazze, come siate riuscite a mantenere il frenetico ritmo del tour e la maratona delle sessioni di registrazioni per le quali Prince è conosciuto?

Lisa: Sai, devo ammettere che non ci drogavamo (risate). Se l’avessimo fatto sarebbe andata male.

Wendy: Ho risparmiato la mia quota di vino per oggi, come una vecchia signora.

“Visions” sembrava essere un’enorme curva melodica per Prince. Come ti si è avvicinato (Lisa) rispetto al creare una piccola avanguardia pianistica jazz strumentale?

Lisa: Prince ha avuto l’idea di inserire intermezzi al pianoforte sul disco. Aveva appena portato un piano a coda in casa sua. Il suo studio era da basso, nel seminterrato. (Quel brano) Era tutta improvvisazione. L’ho suonato una sola volta ed è ciò che si sente. E da allora non l’ho più suonato. Stavamo solo provando l’assetto. Susan Rogers lo registrò e poi microfonò il piano. Prince non diede neppure alcun contributo quel giorno. Stavamo soltanto tirando i cavi dal piano superiore (risate). Stavamo solo provando gli attrezzi. Prince non c’era. Ci chiese soltanto di fare qualche cosa. Disse, “Fate dei pezzi da due minuti e mezzo.” Così registrai alcune cose ed ecco che fu “Visions”.

Poi c’è “Witness 4 the Prosecution”. C’è un’atmosfera fortemente rock in quel brano ma Prince essendo Prince decise anche si aggiungerci un senso gospel.

Lisa: Quello era ottimo materiale. Quello fu un momento in cui eravamo tutti in una stanza e Prince premette play e disse soltanto, “Vi piace?” (risate). Ricordo di essere stat nella stanza a cantare quei cori e di andare molto in alto, provando a lavorare sul vibrato. (risate)

Potete darci delucidazioni sul brano “Strange Relationship” una canzone che Prince ha registrato e vi ha dato da terminare?

Wendy: Avevamo il nastro originale con sopra le voci di Prince, il piano e la batteria. Disse, “Prendetelo e finitelo.” Così Lisa ed io tornammo a Los Angeles e creammo le altre sue parti. Il suono del sitar arrivò da un campione del Fairlight.

Come vi siete sentite quando avete ascoltato “Strange Relationship” su Sign O’ The Time, l’importante disco del 1987, privato dei contributi tuoi e di Lisa?

Wendy: Gelose per il fatto che il nostro nome non ci fosse e che ci avesse tagliato fuori.

Il vostro rapporto con Prince sembrò essere il più stretto rispetto a qualsiasi altro dal 1984 al 1986. Quale pensate che fu il motivo per avervi lasciato andare e aver sciolto i Revolution?

Wendy: Quella fu la relazione che ci fu tra lui, Lisa e me. Divenne questo triumvirato, un mostro a tre teste. E questo fu il principale motivo per il quale ci lasciò andare. Voleva esprimere se stesso completamente. Stavamo lavorando così tanto. Questo è come lo sto razionalizzando adesso. Prince potrebbe avere avuto altri motivi per averci lasciato andare. Non ne ha mai davvero parlato. Ma siamo state portate a credere che avesse bisogno di tornare al suo tocco.

Lisa: Fu dura. Ricordo due cose dopo essere state licenziate: la mattina in cui mi stavo asciugando i capelli pensando, “Ci ha davvero licenziate?” (risate). E poi quando uscì Sign O’ The Time. Lo ascoltammo come, “Oh, wow…non ci siamo più.” Fu come una separazione e vedere il tuo ragazzo con un’altra ragazza.

Guardando indietro cosa vi viene in mente pensando ai vostri anni con Prince durante uno dei suoi periodi più produttivi? 

Wendy: Che allo stesso modo per me e Lisa fu un periodo molto creativo. Volevamo mostrare a Prince cose che non aveva mai fatto prima. Ed eravamo davvero orgogliose di questo.

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Intervista · Traduzione

Mo Ostin: Prince era un artista senza paura

Tutta da leggere la traduzione di Giovanna A. dell’intervista a Mo Ostin comparsa su Billboard il 26 aprile 2016.

L’ex amministratore delegato Warner Bros. , Mo Ostin, ricorda il suo lungo rapporto con Prince:  “Era un artista senza paura.”

La grande ironia della famigerata battaglia di Prince con Warner Bros. Records riguardo la proprietà della sua musica è il fatto che la società -con la quale aveva firmato accordi per i primi 19 anni della sua carriera- era stata una delle maggiori etichette della storia con un approccio amichevole verso gli artisti. Dalla fine degli anni ’60 alla metà degli anni ’90, Burbank, etichetta con base in California, favorì le carriere di Jimi Hendrix, Joni Mitchell, Neil Young, Van Halen, Fleetwood Mac, Randy Newman, the Grateful Dead, R.E.M., the Red Hot Chili Peppers e, certamente, di Prince in una cultura innovativa e a ruota libera ma economicamente responsabile che fu tanto vincente quanto di tendenza.

Al timone di questa nave ci fu il membro del Rock and Roll Hall of Fame Mo Austin. Sottratto dalla Verve Records nel 1960 da Frank Sinatra per gestire la sua nuova etichetta Reprise, Ostin convinse il suo boss a lasciargli firmare dei contratti rock – e il primo che firmò fu The Kinks . Reprise fu acquistata dalla Warner nel 1963, e la società aggregata divenne presto la casa che Mo costruì – quella che ha presieduto come presidente, poi come amministratore delegato, sino al 1994.

L’era di Ostin alla Warner copre la maggior parte del picco creativo di Prince, dalla sua firma nel 1977 ai suoi milioni di copie dell’era Purple Rain all’ampiamente pubblicizzata battaglia con l’etichetta. Le accuse di Prince contro l’etichetta resero perplessi molti artisti e dirigenti che conoscevano la natura di gentiluomo di Ostin e la sua cultura artisticamente amichevole, e i rapporti dell’artista con l’etichetta si fecero solamente sempre più polemici sotto la successiva dirigenza Warner, finché alla fine rispettò il suo contratto e abbandonò l’etichetta nel 1996– per tornare solamente nel 2014 , quando la Warner era sotto un nuovo assetto proprietario e manageriale.

Innanzitutto, sono desolato per tutti voi ma specialmente per quanti di voi hanno lavorato con lui e lo conoscevano da così tanto tempo.

È davvero una situazione tragica, non è ancora chiaro cos’è accaduto esattamente. Sembrava essere in incredibile forma fisica in tutti gli anni che fui associato a lui. Era semplicemente fantastico. La gamma del suo talento era oltre ogni immaginazione.

Ci fu qualcuno col quale hai lavorato che potresti paragonare a lui ?

Bene, Sinatra, in un modo differente, era incredibilmente prolifico, e certamente le sue esibizioni erano entusiasmanti – sul palco era elettrico. Ma Prince era qualcosa di unico e a se stante. Era un artista unico nel suo genere.

Ricordi come hai sentito parlare di lui la prima volta ?

Il nostro capo promozioni al tempo, Russ Thyret, ebbe una demo dal nostro uomo promozioni in Minnesota , Owen Husney -più tardi divenne il manager di Prince. Fummo assolutamente sbalorditi e volevamo farlo firmare immediatamente . C’era grande competizione perchè tante altre persone sapevano di lui -A&M e Columbia stavano tentando di farlo firmare, e la cosa divenne molto competitiva. Ma A&M voleva le sue edizioni e lui non intendeva cedere, così si allontanò da loro. Columbia voleva fare un accordo per soli due LP, così decidemmo che avremmo fatto un accordo per tre LP in quanto credavamo in lui molto convintamente. Inoltre, poiché davamo valore agli artisti, lui firmò con noi.

Prince voleva realizzare il suo album d’esordio da sé -era enormemente sicuro di sé, persino a 19 anni. Maurice White, fondatore degli Earth, Wind and Fire, era interessato a produrlo e certamente volevamo che Prince fosse in studio con qualcuno che aveva esperienza e attività comprovata. Così facemmo pressione per Maurice White, ma Prince era veramente, veramente ostinato -era un ragazzo che voleva il controllo, cosa assolutamente importante per lui. Così lo mandammo in studio per valutare se fosse in grado di produrre il proprio materiale, e immediatamente ci rendemmo conto che ne ne era capace.

Sul primo album di Prince, l’ingegnere del suono Tommy Vicari, è accreditato come produttore esecutivo .

Sicuramente Prince ebbe un aiuto tecnico e forse un aiuto dal settore sviluppo talenti, ma praticamente fu l’unico produttore.

Ti ricordi quando lo hai incontrato la prima volta e quale fu la tua impressione ?

Sì , lo ricordo. Dopo che firmò andammo a pranzo con lui, e scoprimmo che era incredibilmente timido, davvero taciturno -intendo, parlava a malapena, ed era difficile per lui dichiararsi e raccontare, così sono sicuro che fosse davvero a disagio nell’incontrare tutti quei produttori discografici . Era davvero, davvero timido e non parlava molto; a quel primo incontro fummo davvero presi alla sprovvista da quanto poco parlasse. Ma quando arrivavi alla musica,  era allora che poteva davvero brillare.

Era così anche faccia a faccia?

Faccia a faccia era molto più a suo agio. Era davvero un incredibile bravo ragazzo con il quale conversare. Era pieno di idee, e aveva un formidabile senso dell’umorismo, era sempre affascinante, era molto divertente stare con lui.  Arrivava e mi faceva visita ogni volta che era a Los Angeles.

Quando finiva un disco lo portava nell’ufficio e lo raccontava a me e a Lenny Waronker, presidente di lunga data della Warner Bros., accompagnandoci attraverso di esso mentre ce lo suonava – faceva commenti, cantava i testi che pensava non potessimo udire chiaramente. Era un’esperienza davvero interessante averlo nella stanza mentre suonava il disco per noi e ce lo raccontava in una sorta di radiocronaca.

Me lo sto immaginando spiegare i testi di canzoni come “Head”…

Arrivava in modo diretto e cantava nel tuo orecchio ! Successivamente andavamo a Paisley Park per ascoltare il nuovo materiale. Saltava sempre fuori con incredibili idee, era incredibilmente intelligente. Aveva idee riguardo a marketing, video, altri artisti . Ci portava nello studio, salivamo al suo appartamento dove eravamo soliti pranzare, e parlava praticamente in un flusso continuo di pensiero. Quelli erano davvero degli incontri divertenti.

Aveva già il controllo dei suoi affari come dimostrò di averne più tardi?

Secondo me all’inizio non era così raffinato, ma era davvero molto ben rappresentato. Lasciò Owen Husney e incaricò Bob Cavallo, Steve Fargnoli e Joe Ruffalo, e loro erano degli amministratori molto forti. Noi avevamo rapporti con Rob da anni in quanto avevamo firmato the Lovin’ Spoonful con John Sebastian dopo che lasciarono MGM, e ogni genere di altri atti che lui rappresentava. Prince, per quanto riguardava la sua gestione, era in buone mani, e loro avevano il migliore degli avvocati in città, Lee Phillips. Sebbene Prince non sapesse molto di affari, aveva un ottimo istinto.

Ci fu uno sforzo notevole per portarlo al pubblico bianco con 1999 e Purple Rain?

No, non deliberatamente da parte nostra. Intendo, penso che potrebbe averlo considerato. Indubbiamente, quando ci propose l’idea di fare il film riconobbe quale potenziare potesse avere se fosse stato un successo.Si anticipò a noi, attraverso il suo management, per dire che voleva fare un film. All’epoca noi credevamo fortemente in lui, ma era difficile da vendere –non aveva alcuna esperienza in quel settore e non era ancora un enorme artista. Ma incontrai l’allora capo di produzione alla Warner Pictures , Mark Canton, e lo convinsi che doveva rischiare un po’ di soldi per fare un film con lui. L’alto dirigente nella compagnia aveva dei dubbi in proposito, e nell’intento di portarli a impegnarsi, il management, e probabilmente Prince stesso, accettò di anticipare dei soldi . Dicemmo alla casa cinematografica che noi – la compagnia discografica- avremmo garantito ogni spesa che uscisse dal budget . Fu questo che chiuse l’affare di parte del contratto . E certamente Purple Rain fu spropositato. Credo che l’album rimase numero uno per 24 settimane, e aveva due singoli al numero 1, “When Doves Cry”,” Let’s Go Crazy” e poi “Purple Rain” che arrivò al secondo posto.

Ci furono esitazioni riguardo al fare di “When Doves Cry” il primo singolo da un tale grande progetto? E’ uno dei più inusuali singoli numeri uno di tutti i tempi. 

È così . Non sono sicuro che volevamo sceglierlo come primo singolo, ma abbiamo avuto un fantastico riscontro dalle radio. Quando ci fu quel tipo di risposta, andammo avanti.

Quale fu la tua reazione quando arrivò con Around the World in a Day, che è un album molto meno commerciale come disco a seguire? Purple Rain stava ancora andando forte. 

Fummo davvero, davvero favorevoli riguardo a tutti i suoi dischi– era così versatile che niente che proveniva da lui poteva sorprenderci. Eravamo fortemente di supporto agli artisti– eravamo d’accordo decisamente con i suoi desideri su ognuna delle sue pubblicazioni.

Hai detto che era abituato a venire a suonare i suoi album quando erano pronti. Sign O’ the Times ebbe molte iterazioni, incluso una versione come album triplo. Venne e ti suonò ognuna di queste versioni? 

Non suonò tutto quanto, ce lo lasciò. Arrivò come un triplo album, e poi, dopo che lo tenemmo con noi, decidemmo che se lui avesse eliminato qualcosa che non pensavamo fosse così forte, avremmo avuto un album migliore. A dire il vero Lenny ebbe una conversazione con lui, e lui accettò la cosa.

Le cose non andarono proprio tutte lisce con il Black Album, che Prince richiamò improvvisamente pochi giorni prima che venisse pubblicato. 

Ciò è accaduto, avevamo una campagna pubblicitaria in merito alla pubblicazione del disco Sign O’ the Times, e poi ci sarebbe stata una campagna di pubblicità del tutto nuova connessa alla distribuzione del film Sign O’ the Times, più tardi nel 1987. Ma mentre stavamo promuovendo il disco, andò in un sacco di discoteche -lo avrebbe sempre fatto- e sentì che i suoi dischi non erano suonati ed era veramente arrabbiato. Così decise che voleva fare un disco che fosse molto più ballabile e  creò il Black Album. Insistette che lo pubblicassimo nello stesso periodo in cui stavamo lavorando al Sign O’ the Times e questo avrebbe distrutto il nostro intero piano marketing. Provammo a parlargli per dissuaderlo: “Non puoi pubblicare un disco che interferisce con il disco esistente.” Ma lui insistette, e nuovamente accettammo la cosa.

Ma poi, ebbe un ripensamento. Dopo che stampammo i dischi in tutto il mondo per la pubblicazione ci chiamò e disse che voleva rimandare e aspettare finché avessimo completato la nostra campagna. Gli dicemmo che avevamo speso un sacco di soldi per preparare questa cosa pronta per il mercato, e lui disse ” Guarda, voglio che prendiate tutti quei dischi e li distruggiate e pagherò per qualsiasi spesa che voi ragazzi avete sostenuto per farli.” E realmente ci pagò i suoi diritti d’autore.

Avevi già avuto la stessa esperienza con Neil Young, non ha rottamato centinaia di migliaia di copie del Comes a Time del 1978 perché decise che non gli piaceva il mixaggio?  

Sì, abbiamo avuto la stessa esperienza con molti artisti. Non so se sai che Frank Sinatra utilizzò un recitato di Gunga Din, il poema di Rudyard Kipling, dopo Strangers in the Night! (Risata). E voleva che venisse pubblicato!

Davvero

Sì! Lo bloccai, e allora lui ed io avemmo una…(ridacchia)…una discussione abbastanza accesa riguardo la cosa perché avevo interferito con i suoi desideri. Era davvero arrabbiato, mi disse che voleva far uscire immediatamente l’album. Così lo preparammo per la pubblicazione, lo inviammo alle radio, e avemmo una risposta davvero negativa. Il disco era nei centri di distribuzione, non era ancora andato nei negozi, così lo chiamai e dissi “Frank, abbiamo ottenuto un terribile, terribile riscontro con il disco di Gunga Din“,  e lui disse “Mo, se è così, vedi se puoi eliminarlo e ritirarlo”. Così ci eravamo già passati prima.

Prince disse che la Warner Bros. limitava la sua creatività non permettendogli di pubblicare la musica abbastanza velocemente, e uno dei suoi precedenti manager ci disse che il suo contratto richiedeva solo un album all’anno, presumibilmente per garantire che lui non consegnasse meno del dovuto, ma sarebbe stata una violazione contrattuale per lui superare gli accordi di consegna stipulati?

 Non ricordo che avesse la restrizione di un album all’anno. So che abbiamo avuto una conversazione riguardo ciò, ma non ricordo che fosse nel contratto. Quando voleva che uscisse qualcosa non c’era modo di fermarlo. Pubblicò circa 40 album, e durante il mio periodo, probabilmente metà di essi. Per cui è sempre stata una battaglia, c’è sempre stato qualche problema riguardo le pubblicazioni. Ma nella maggior parte dei casi  prevaleva lui.

Disse, quando il rapporto entrò negli anni ’90, che la Warner gli stava impedendo di pubblicare tutta la musica che voleva realizzare. Si stava riferendo a quelle conversazioni? 

Non sono sicuro di ciò a cui si stava riferendo esattamente. La sua più grande preoccupazione fu sempre il diritto di proprietà sui dischi che aveva creato, che è comprensibile. Avevamo sia le sue registrazioni che le edizioni, sebbene prima ti ho detto che una delle ragioni che non lo fecero firmare con A&M fu perché loro insistevano affinché le edizioni fossero parte del contratto e noi non lo facemmo. Più tardi stipulammo con lui un contratto per acquisire le sue edizioni. La rabbia verso di noi in realtà emerse per la sua ossessione con la proprietà del suo stesso lavoro.

Senti che la sua rabbia era diretta verso l’idea dell’industria musicale piuttosto che alla Warner Bros. in particolare? 

Probabilmente. Ma poiché  lui era un artista Warner e noi i proprietari dei master, molta rabbia era indirizzata a noi, e ciò fu il motivo per cui cambiò il suo nome e divenne un simbolo e divenne “The Artist Formerly Known As Prince” e si mise quella cosa “slave” sulla faccia. Non sono sicuro se ci fosse qualche aspetto razziale in ciò. Ma lui davvero ci fece passare dei brutti momenti per questo, ci tormentava costantemente per dargli la proprietà dei suoi dischi. Come sai, uno dei maggior capitali di qualunque compagnia discografica è il proprio catalogo, così era davvero, davvero importante per la compagnia discografica prenderne possesso. 

E venne da te tipo, “Ridammi la mia discografia, è come dovrebbe essere, nonostante i contratti”? 

Già. Era davvero, davvero insistente e non mollava. E come sai, non tornò al nome Prince finché non lasciò la Warner Bros.

La tua relazione con lui divenne conflittuale, ti sentisti tradito dal suo comportamento? 

No. Mi infastidì, ma capivo da dove proveniva. Ricordo che quando Reprise fu venduta alla Warner Bros., c’era una differenza di prezzo che la Warner voleva pagarci. E per arrivare a un compromesso a un minor prezzo una delle cose che la Warner doveva accettare era permettere a Frank Sinatra la proprietà dei suoi master. Anche Dean Martin possedeva i suoi master. In Reprise, poiché era una compagnia che era di un artista, abbiamo sempre voluto un ambiente che fosse uno di quelli dove l’artista era favorito.

E quella cosa “schiavo” ti ha solo infastidito? Erano solo affari? 

Bene, era seccante, perché era abbastanza ostinato, e l’idea che lo avevamo schiavizzato e lo avevamo trattato ingiustamente e che avevamo approfittato di lui era fastidiosa, perché a noi pareva che non fosse certamente accaduto. Ma non abbiamo mai avuto realmente cattive, gravi, rabbiose discussioni riguardo ciò. Prendemmo una posizione con lui, gli dicemmo che non gli restituivamo i suoi master e tuttavia lui insisteva sempre per farci pressione, noi abbiamo tenuto la posizione. Persino molti anni dopo, quando Edgar Bronfman divenne presidente della compagnia e l’assetto proprietario cambiò, Prince gli fece pressione per riavere i master. 

Quando eri in contatto con lui molto dopo che non stavi lavorando con lui? 

No, non lo facevo.

Ricordi l’ultima volta che lo hai visto o gli hai parlato?

Non mi ricordo.

Cosa stai facendo in questi giorni? 

Sono in pensione, ho 89 anni. Ma sono ancora consulente della Warner Bros. rispetto agli affari, allo sviluppo talenti, qualsiasi problema che pensino che possa essere appropriato per me. E sono nel consiglio della USC School of Music e anche della UCLA School of Music. Così sono coinvolto, ma ovviamente sono molto più limitato nelle mie attività. Non ci vado dal 2002-2003.

C’è un particolare ricordo di Prince o un momento che risalta su tutti gli altri? 

Ce ne sono molti.  Lui era incredibilmente competitivo con Michael Jackson. Quando pensi agli anni ’80, quelli furono veramente i due geni della decade, e il contrasto era come tra i Beatles e i Rolling Stones. Michael lo ammirava enormemente, e quando Michael stava preparando l’album Bad, voleva che Prince ci suonasse su. Ricevetti una telefonata da Quincy Jones, che stava producendo l’album, e mi chiese se potevo organizzare una conferenza telefonica con Prince e Michael. Così feci, e Michael e Quincy chiesero a Prince se voleva suonare nella canzone Bad, volevano fare un duetto. Non penso che Prince abbia mai avuto intenzione di esibirsi con Michael ma fu davvero, davvero educato e disse “Guarda, Michael, sei un grande artista. Fai grandi dischi. Non hai bisogno di me.” E declinò di partecipare al progetto.

Altri? 

Bene, ci fu una questione con il Black Album. Time Inc e Warner si erano fuse, e noi eravamo in una specie di riunione di amicizia aziendale col Time magazine in Jamaica, penso fosse. E là c’erano molte persone e Lenny stava conversando con un ragazzo, Dick Stolley, che era davvero un importante scrittore ed editore per Time Magazine, era il tipo che di fatto acquistò e divulgò i video dell’assassinio di Kennedy. Io penso che fu lui a saltar fuori con l’idea del People magazine. Non so come uscì il discorso del Black Album, e Stolley certamente divenne molto interessato chiedendoci se volevamo inviargliene una copia. Bene, Prince ci aveva chiesto di distruggerle così gli dissi di no. Ma lui disse “Per favore, speditemi l’album, lo terrò nascosto,” e ogni genere di cosa.

Alla fine, dissi, “Bene, possiamo fidarci di Stolley, è un ragazzo che ha un’incredibile reputazione e molta onestà. Lasciamo che lo abbia.”

Avevamo ancora alcuni dischi nei nostri magazzini, avevamo distrutto la maggior parte di essi ma ne tenevamo alcuni, solo per averli, e eravamo d’accordo di spedirne a Stolley una copia. Non molto tempo dopo questo, Prince comparve nel nostro ufficio con Kim Basinger. Aveva appena finito la colonna sonora di Batman e aveva fatto una registrazione discografica con lei che durava circa 20 minuti (The Scandalous Sex Suite) e voleva suonarcela. Noi eravamo nell’ufficio di Lenny e mentre stava suonando il disco, Prince si è alzato da dove era seduto, è andato alla scrivania di Lenny, e là, sulla sua scrivania c’era una copia del Black Album che stavamo per spedire a Stolley. La guardò, la prese, la remise sulla scrivania e non fece commenti. Io inventai qualunque cosa potessi, e gli dissi che questo era qualcuno di cui potevamo fidarci e che poteva essere importante per ottenere visibilità per Prince, forse una copertina sul Time magazine, chi poteva sapere? Si scoprì essere un problema minore di quanto pensavamo potesse essere, ma i nostri cuori caddero quando lo videro prendere quell’ album. 

Hai un’idea riguardo a quante copie originali avevi tenuto? 

No, non ce l’ho.

Potrebbe essere stato un centinaio di copie, non ne ho idea. Fu il ragazzo nello stabilimento di produzione che realmente fece la cosa.

C’è qualcos’altro che vuoi dire riguardo a Prince? 

Bene, non puoi dire a sufficienza riguardo a quanto multi talentuoso fosse. Era un magnifico compositore, un superbo chitarrista -era lassù con Hendrix- era un fantastico cantante e produttore, poteva ballare in modo fenomenale, aveva idee per film, fece bellissimi video. Il ragazzo era così incredibilmente talentuoso che era travolgente. E le sue canzoni sono state registrate da molti altri artisti come Sinead O’Connor, Tom Jones, Chaka Khan, le Bangles. Conosci quel gruppo che produsse, The Time?

Certamente. Prince disse che erano l’unica band che lo spaventasse. 

Io non so avesse paura. Quello era un artista senza paura, lascia che te lo dica. Sapeva quanto fosse bravo. 

Intervista

Intervista a Matt Thorne

10 agosto 2017

Matt Thorne ha scritto quello che è (secondo me) il migliore libro sulla vita di Prince. Nel 201 7 ho contattato Matt e ho chiacchierato di Prince con lui per più di un’ora. In quest’ora con lui ho potuto scoprire che ha una grande passione per Prince, dimostrata nel libro dove ha raccontato la vita del musicista. Oltretutto, Matt scrive e pubblica la biografia mentre Prince ancora vivo. In questa maniera ha potuto mantenere una sana distanza da tutto quello che è successo da quel maledetto 21 aprile 2016. Insomma, per questi motivi il libro di Matt rimane il migliore e più corretto su Prince. Vi evito le prime domande di rito (piacere di conoscerti, ecc), per poter subito entrare subito nel vivo. Buona lettura.

Ci domandavamo: hai mai incontrato Prince?

Ho una risposta piuttosto complicata a questa domanda; quando ho deciso di scrivere il libro, prima di tutto ho parlato con il biografo di un altro artista e lui mi disse che la prima cosa che dovevo fare prima di tutto era contattare l’artista direttamente per vedere la sua reazione, lui può rispondere o meno, ma vale sempre la pena provare. Perciò gli scrissi direttamente e ricevetti una risposta; non me lo aspettavo, ma mi arrivò un biglietto aereo per andare in America, a Los Angeles. Lui viveva lì all’epoca, poi è arrivata un’auto a prendermi all’albergo e mi ha portato alla casa dove lui viveva, e poi… questo è tutto nel libro, all’inizio del libro… sono entrato in questa sorta di soggiorno, non era un soggiorno, una zona dedicata alle esibizioni e lui è uscito. Ero abituato ad aspettare Prince anche se era molto tardi, ma è uscito quasi immediatamente, erano circa le 11.30 di sera, ma lui è uscito e si è esibito. Dopo lo spettacolo ho parlato al suo manager e gli ho chiesto se tutto questo significava che avevo il benestare per proseguire con il mio progetto, e il manager ha risposto di si, che però Prince preferiva che non parlassi con nessuno, che non intervistassi nessuno, allora per un po’ così ho fatto, ma il libro mi sembrava poco credibile in quel modo senza tutto il resto. Così gradualmente, dapprima sono state Wendy e Lisa e qualche altra altra persona e poi avevo amici che li conoscevano e i contatti sono iniziati in questo modo e ho iniziato a intervistare persone. Più o meno in quel momento è arrivato un altro invito da Prince per andare a New York dove si sarebbe esibito presto; ero un po’ preoccupato che fosse un po’ arrabbiato per le mie interviste e invece mentre si stava esibendo, nel mezzo di Purple Rain, ha camminato in mezzo al pubblico e mi ha detto “Cosa ne dici di quell’intervista adesso?” e ho detto “Certo che vorrei fare quell’intervista” e lui ha continuato a camminare. Sono rimasto li fino al mattino alle sei per vedere se sarebbe tornato indietro per l’intervista, ma non ne ho avuto la possibilità. Quindi a parte questo non ho avuto altre occasioni, non ho avuto molto contatto diretto con lui ma ho parlato con tutte le persone che ho potuto e che potevano darmi una loro visione degli anni trascorsi lavorando con lui. E poi c’è stata questa esibizione, dopo l’uscita del libro, in cui lui ha fatto molti dei pezzi che avevo scritto che mi piacevano, e poi c’è stata un’altra occasione in cui sono stato piuttosto sicuro che stesse leggendo quello che stavo scrivendo; avevo scritto un articolo sul Daily Telegraph sulla canzone Electric Intercourse, una canzone inedita, e il giorno dopo lui l’ha suonata dopo 35 anni per la prima volta, perciò deve averlo… deve.. cioè, non c’era ragione per cui lui la suonasse in quel momento era piuttosto insolito.. so che molti fans di Prince trovano spiegazioni nei suoi gesti che davvero potrebbero non esistere, ma almeno in questo caso, siccome il suo manager mi aveva detto che lui leggeva tutto quello che si scriveva su di lui, penso sia una prova che doveva avere quell’articolo, non so se lo ha letto, ma almeno gli ha dato un’occhiata.

Cosa hai pensato quando hai letto che lui stava scrivendo una autobiografia?

Ero molto entusiasta, cioè era molto interessante perché, non sapevo molto della persona che ha scelto come ghost-writer, penso sia stato scelto in virtù del fatto che aveva scritto un articolo su Prince per Paris Review e so da amici che hanno fatto da ghost writers per dei musicisti che accade in molti modi diversi. Qualche volta il musicista è molto coinvolto, ma altre volte loro si limitano a parlare in un microfono ed è necessario trascrivere le minute, ma ovviamente a Prince non piaceva che si registrasse la sua voce, perciò non credo che avrebbe fatto questo, non posso tuttavia immaginarlo seduto a discutere con l’autore. Non so, può ancora essere che questa cosa veda la luce, o almeno parte di essa, non mi sembra che sia stata detta la parola definitiva da parte dell’editore in proposito. In generale sono entusiasta, cioè, penso… in merito alle biografie dei musicisti, anche le migliori, per esempio, quelle di Bob Dylan o il libro di Keith Richards sulla sua vita, io sento che c’è sempre spazio per un’altra interpretazione, un altro punto di vista. Ossia, tu hai la visione dell’artista, ma sai, anche se è la loro storia, non necessariamente sanno tutto quello che c’è da sapere, perché dall’altra parte della storia ci sono i fans e le loro esperienze, i critici e chi fa recensioni e tutto il resto. Perciò sarei stato affascinato da questa lettura, ma non avrei pensato che si trattasse del documento finale e definitivo, che quello fosse tutto ciò che si poteva scrivere e pensare di Prince. Ero entusiasta e poi dispiaciuto che non sia uscito.

Io adoro il tuo libro e ciò che mi piace, è che l’hai scritto prima del 21 aprile 2016. Oggi è molto più facile; tutti dicono che lui era il più grande di tutti e che era un genio. Invece nel tuo libro non hai paura di criticare la sua musica; non tutta la musica di Prince è memorabile. E ti soffermi molto su come lui produceva i brani, una cosa che adoro leggere. Però, come ti dicevo, dal 21 aprile 2016 non sono più riuscito a leggere nulla dal tuo libro. Tu cosa pensi di quello che è successo a Prince negli ultimi giorni della sua vita?

E’ stato piuttosto scioccante per me, cioè, ho appreso della notizia quando una radio irlandese mi ha telefonato per chiedermi dove…cioè, in effetti mi hanno detto che lui era morto e volevano chiedermi quando potevo andare alla radio per parlarne. e non ho avuto tempo per elaborare il tutto. E’ stato incredibilmente scioccante e non volevo crederci quando me lo hanno detto. Cioè, avevo sentito un po’ di disagio quando l’aereo è atterrato, non pensavo fosse niente di terminale o davvero necessariamente serio. Avevo semplicemente un po’ di disagio, cioè c’era la sensazione che fosse un po’ strano, non combaciava con il suo personaggio abituale, non sembrava essere lui, ma è stato un grosso shock. No. Non ho avuto tempo di elaborarlo perché il libro era appena uscito in America, la versione americana del libro, e perciò mi fu immediatamente chiesto di partecipare a tantissimi programmi in TV e radio e ho passato praticamente 24 ore in vari studi a parlare di lui e non ho avuto tempo di elaborare le mie emozioni. E mi rendevo conto che quelle persone che mi parlavano, (come è tipico dell’America) che loro non necessariamente sapevano granché di Prince; ovviamente i fans sapevano tutto quello che lui faceva, ma per le persone al di fuori di quel mondo, loro non avevano necessariamente seguito la sua carriera così da vicino, perciò mi sentivo come se avessi dovuto spiegare alla gente quanto importante fosse Prince, quanto fosse geniale. E questa è stata un’esperienza piuttosto strana. E poi immediatamente dopo, come ti ho già accennato, non sono più riuscito ad ascoltare la sua musica per un po’, sembrava troppo triste, troppo tragico e penso siano passati più o meno due o tre mesi, ed è stato strano, perché, cioè, quando è morto David Bowie, qualche mese prima, trovavo ascoltare la sua musica piuttosto confortante, ma con Prince è stato totalmente diverso e semplicemente non sono riuscito ad ascoltarlo per qualche mese poi lentamente ho ricominciato ad ascoltarlo, ma ho dovuto essere attento perché ci sono periodi della sua musica che non hanno troppo legame emotivo per me, ma altri li sento molto e quindi ascoltavo quelli per cui sapevo che non mi sarei sconvolto troppo ascoltandoli poi lentamente ho ascoltato sempre di più la sua musica, ma sembra ancora un po’ strano, allo stesso tempo, lo sento ancora irreale, anche se si rinforza ogni giorno di più, ma penso sia molto strano.

12 agosto 2017

Irreale purtroppo è la parola giusta. Come ti dicevo nel mio sito parlo dell’essere un autore, di scrivere canzoni. Prince era un maestro nell’arte del songwriting. Credo che dovremmo studiare il suo approccio da autore e di come sia cambiato nel tempo. Per esempio il periodo di Wendy e Lisa, poi ha scritto molte cose da solo. So che è una domanda complicata, ma quale è secondo te il suo periodo migliore come autore di canzoni?

E’ interessante, cioè, come dici ha attraversato molte fasi e quando si guarda la sua carriera, le canzoni… il suo modo di scrivere cambia drasticamente. E anche la struttura delle canzoni. Le mie canzoni preferite sono quelle più spinte dallo spirito narrativo, come I could never take the place of your man, per esempio, dove ogni verso è molto chiaro, ma allo stesso modo mi piace come si evolve in seguito; mi piacciono le canzoni che diventano più criptiche e più difficili da seguire e parla sempre con un linguaggio in codice. Mi piace tutto quanto. Penso che questo sia in parte il motivo per cui non viene apprezzato appieno come scrittore solista, penso che siano molto apprezzate le canzoni del primo periodo della sua carriera che le persone capiscono. Almeno fino ad ora; questo sta cambiando, le persone non hanno scavato fino in fondo nei suoi lavori più recenti e non si rendono conto quanto buoni fossero alcuni dei suoi lavori come cantautore. Una delle domande che mi sarebbe davvero piaciuto fargli se avessi avuto la possibilità di intervistarlo era a proposito della sua tecnica di scrittura e come scriveva. Perché ancora non lo so, cioè, sappiamo che già agli esordi scriveva canzoni, ci sono esempi di testi scritti con la sua grafia. Sappiamo che faceva questo, portava con sé un blocco per gli appunti e scriveva canzoni mentre si spostava. Un’altra cosa che sappiamo e che più tardi, diciamo negli anni ’90, improvvisava probabilmente un po’ di più nello studio e che le persone andavano da lui con un giro di percussioni o con una base e lui componeva su quella musica. Non conosco esattamente i processi dei diversi periodi o delle diverse epoche, non so quanto spesso andasse nello studio con i testi più o meno pianificati. Il bello di Prince era che provava sempre a fare tutto quanto, la risposta è che lui faceva tutto. A volte, semplicemente improvvisava per ore senza sosta e se ne usciva con un verso o (componeva parte di un verso) o un po’ di musica altre volte aveva qualcosa di davvero appassionante e doveva scriverlo subito. Siccome non sono un cantautore è sempre stato molto interessante per me incontrare e parlare con cantautori, perché non capisco sempre del tutto quel processo; io sono uno scrittore oltre che di biografie anche di narrativa, ma quello è un processo molto diverso… scrivere canzoni è più vicino a scrivere poesie e questa non è una disciplina con cui ho confidenza, perciò mi affascina, ma penso che lui…penso che dovrei tornare sull’argomento.. penso che lui fosse sottovalutato come autore. Cioè, tutti sanno che era un grande chitarrista, tutti sanno che era grandioso sul palco, tutti sanno che ha scritto alcune canzoni sorprendenti, ma non penso che aldilà del mondo dei fan, lo si stimi come si dovrebbe. No, non lo si vede come un Bon Dylan, cioè Prince ha avuto i suoi problemi con Bob Dylan perciò forse sarebbe più contento di paragonarsi a un Miles Davis. Io penso che Prince sia uno, no, sia il miglior cantautore che sia mai stato.

A proposito delle sue collaborazioni, come Miles Davis o ancora Wendy Lisa. Abbiamo visto diversi lati della sua anima, ma lui era sempre se stesso. Lo sapevamo, perché lo conoscevamo. Produceva della grande musica, ma era differente ogni volta. Come è stato possibile che noi come fan della sua musica fossimo sempre lì ad aspettarlo?

Questa è una buona domanda poiché in parte perché stava sempre facendo qualcosa… cioè, noi c’eravamo sempre per lui… ma lui in un certo qual modo lui era sempre lì per noi… C’erano periodi in cui lui non c’era così tanto, ma in generale… certamente nel periodo in cui stavo scrivendo il libro, per sette anni, quasi ogni giorno si andava su internet e c’era qualcosa, che poteva essere il fatto che stava segretamente facendo uscire una canzone o uscivano un po’ di prove o stava scrivendo sui siti dei fans, perciò c’era sempre qualcosa come un concerto in corso. Era un musicista entusiasmante da seguire. Molti musicisti scompaiono, poi esce un album, poi passa un anno e hanno un ciclo, c’è il periodo dal vivo, poi il ritorno allo studio e non li senti per un anno o giù di lì, ma Prince stava sempre facendo qualcosa tutto il tempo: se non era l’uscita di un lavoro da studio allora era un’esibizione dal vivo o era sulla stampa o c’era un video o c’era una storia, una strana storia al tg. Cioè c’era sempre qualcosa per te e il corpo del suo materiale era così vasto che c’era sempre qualcosa di nuovo da esplorare per tutti i suoi fans Ho sempre avuto l’abitudine di ritornare ai suoi vecchi album, andando indietro per così dire di due. Usciva un album e provavo un’emozione, poi usciva il successivo e poi il successivo ancora e io tornavo a due album prima. Era sempre notevolmente diverso. Era sempre occupato. Parlavi del capitolo che ho scritto su Graffiti Bridge; è stato il primo album del periodo per cui io fui un po’ deluso, ma ritornandoci più tardi ho scoperto un mare di cose nuove e questo succedeva con tutti quanti i suoi album. Non ce n’è nemmeno uno, forse uno o due, che si possa completamente scartare nella sua totalità, è come… ma mi spiace sto un po’ divagando. C’era questo processo, ogni volta che un nuovo album usciva pensavo: ok, questo è quello che sarà Prince da ora in poi e questo era preoccupante. Sarà lo stesso per sempre? E poi usciva l’album seguente ed è di nuovo tutto diverso e poi non ero più così preoccupato per quello prima e fai: ok, non hai perso tutto questo. La psicologia era questa per me, pensavo oh no, sta diventando molto più conservatore, questa è la direzione verso cui sta andando e poi usciva l’album seguente ed era di nuovo totalmente diverso e perciò non c’era quella sensazione che ti potessi fidare, se ne sarebbe uscito sempre con qualcosa di nuovo, interessante nel futuro, non avrebbe semplicemente ripetuto la stessa cosa all’infinito per diventare noioso e conservatore e mantenere la stessa faccia troppo a lungo.

Parlando di Wendy e Lisa, e anche Susannah, che insieme a Prince formavano un team fantastico. Cosa pensi del tour dei Revolution e delle critiche che sono state mosse nei loro confronti?

E’ una domanda difficile per me, perché, cioè, non sta a me dire cosa dovrebbero o non dovrebbero fare se capisci cosa intendo. Sappiamo come si sentiva al riguardo di cose come queste quando era vivo, ma allo stesso tempo, loro sono musicisti, hanno giocato un ruolo in tutto questo e stanno suonando la loro musica di cui loro sono parte, perciò non è come se fossero un gruppo tributo, cosa che avrebbe un carattere differente.

Va bene, hai ragione; loro sono stati parte del fenomeno Purple Rain e hanno diritto di raccontarlo in concerto. Parliamo del tuo libro, che non è ancora uscito in italiano, stai pensando di aggiungere altri capitoli?

Sì, per prima cosa il libro è uscito in Germania in aprile e ho scritto un nuovo capitolo per l’edizione tedesca che aggiorna la storia e copre l’anno e percorre la fase due e il Piano and Microphone tour. Ho parlato al mio editore della possibilità di fare una versione aggiornata del libro, abbiamo pensato di chiamarlo una sorta di remix del libro. Ma non lo voglio fare ancora perché ho ancora sentimenti contrastanti e lo trovo piuttosto difficile… come hai detto prima è molto più facile parlare alla gente adesso che se ne parla di più. Ci sono molti libri in uscita e mi sento come se fosse un po’ troppo presto per tutto questo. Non ci sono problemi per tutti quelli che ne vogliono parlare, questo mi sta bene, ma non mi interessano i libri in cui qualcuno muore e tutti iniziano a scrivere di loro prima che morissero. Penso che girino più notizie dalla sua morte; ci saranno cose interessanti da mettere nel mio libro, penso ci siano due punti in cui potrei aggiungere. perciò penso che questo è probabilmente quello che farò, ma penso anche che voglio vedere cosa viene fuori dal Vault nel corso dei prossimi due anni perché potrebbe esserci qualcosa che cambia la storia in alcuni punti. Perciò eccoci, sto lavorando ad alcuni altri progetti, niente di immediato, ma ho scritto qualcosa in più per gli editori tedeschi, questa è una cosa davvero difficile perché da un lato vorrei metterci un punto e dire ho finito di scrivere di questo, ma penso che sia impossibile perché la storia ha così tanto da offrire e la storia continua perciò devo elaborarlo, così ha funzionato, sono pensieri in corso.

14 ottobre 2017

Cosa ti aspetti che sbucherà dal Vault, il misterioso luogo dove Prince avrebbe immagazzinato anni di musica e di video? A quanto dicono, conterrebbe tanta roba sconosciuta ai più. Forse sbucherà un Prince che non abbiamo mai visto o sentito?

Sì. Nel Vault c’è tutto quello che noi sappiamo come fans, ma oltre a quello c’è ovviamente tutto quello che non sappiamo. Al momento ancora non sappiamo come verrà gestito il materiale; potrebbe essere resa pubblica una lista di tutto quello che c’è nel Vault, non penso che questo accadrà, ma è un’eventualità. Ciò che è più probabile è che scopriremo dei pezzetti qua e là man mano che passa il tempo. Ovviamente la prima cosa è la nuova uscita di Purple Rain e un po’ di materiale extra ad esso relativo. Chi ha i diritti di tutto quello che resta nel Vault potrebbe voler fare qualcosa con quel materiale, forse l’anno prossimo. Penso ci sia spazio per molte cose che ancora non sappiamo su cui lavorare. È interessante come ci siano aree che sono davvero molto ben documentate come quando stava registrando al Sunset Sound di Los Angeles; conosco alcune persone che lavoravano con lui e che tenevano diari molto dettagliati. Eric Leeds teneva traccia di tutto. Prendeva nota di ogni singola cosa che lui faceva. Però ci sono notti quando stava registrando nello studio in cui non c’era nessun altro, non sappiamo niente di questo. Quando era vivo questa roba usciva e non sapevamo necessariamente da quale album fosse venuta o da che periodo. Non so se saranno rivelazioni roboanti che ci faranno cambiare la nostra visione di Prince per sempre, penso sia più probabile che riempiano dei vuoti di aree di cui non sappiamo molto; in generale abbiamo idea di cosa stesse facendo nella maggior parte dei periodi, gli strumenti che usava, i collaboratori che aveva, ma penso che ci siano anche molte sorprese che ci aspettano. La questione è: come gli eredi useranno tutto quel materiale? Sappiamo più o meno tutto, ci sono un paio di spettacoli che non sono stati registrati, ma in generale abbiamo un idea di quello che accadeva nella maggior parte degli spettacoli, ma per ciò che accadeva in studio penso che ci sia ancora molto da scoprire.

Io ho un’opinione su Prince non condivisa da molti. Secondo me, per la sua musica erano molto importanti le persone che gli stavano intorno. Prima di tutti i musicisti che gli davano ispirazione. Sei d’accordo con me?

Sì, sono d’accordo con te. È lo stesso per me ed è parte del motivo per cui ho scritto questo libro e il modo in cui l’ho fatto è stato per mostrare come le persone che gli stavano attorno erano parte del processo. Penso che siamo d’accordo su questo. Ma il mio sentimento in proposito è che le persone che lo circondavano hanno decisamente migliorato la sua musica; parte della sua genialità era la sua abilità nel permettere alle persone di esibirsi al meglio delle loro capacità. Come sai, spesso c’è quest’idea che lui fosse un uomo molto autoritario/dispotico, che fosse molto severo per tutto ciò che accadeva intorno a lui, e certamente lo era in alcuni periodi, ma in altri momenti era totalmente aperto. Come quando i Revolution gli portavano delle registrazioni e idee: gli aprivano la mente verso la musica classica e l’arte, allargandogli davvero gli orizzonti. Poi c’erano altri periodi, come attorno al periodo di Sign o’ the times in cui lui si teneva stretto tutto quello che aveva: “questo è mio e non voglio altre ispirazioni che entrino nel mio mondo.” E mentre la sua carriera procedeva ci sono state molte persone che hanno portato qualcosa di nuovo al suo suono e che sono state importanti; ho amato tutte le persone con cui lui ha lavorato, mi piaceva anche il fatto che la maggior parte delle volte lui cercasse delle persone di cui altrimenti non avremmo probabilmente mai sentito parlare, come Mike Phillips. Non necessariamente lavorava con persone che fossero già famose, semplicemente sceglieva persone che avessero un suono unico, perciò uno dei motivi per cui mi piace ascoltare le registrazioni è anche ascoltare quei musicisti, quel suono unico di quel periodo, diverso da quello di un tour solitario. In alcuni periodi dico: “quel gruppo è fantastico, voglio davvero sentire altre loro cose.” Oppure “mi piace il suono o mi piace il modo in cui lui si diverte.” Poi lui era anche un “capo gruppo” era capace di essere in certi momenti molto “limitativo”, mentre altre volte molto rilassato.

In un’intervista a Pharrell Williams gli avevano chiesto con chi avrebbe voluto collaborare e lui aveva risposto: “me l’hanno già domandato diverse volte e ogni volta dico Prince.” Sarebbe stata una collaborazione esplosiva. D’altra parte sono d’accordo con te che lui preferiva scoprire musicisti sconosciuti e lavorare con loro. Per esempio i nuovi arrangiamenti del concerto di Montreux del 2009, che abbiamo visto dal vivo, erano frutto del lavoro di quella fantastica band (John Blackwell, Renato Neto e Rhonda Smith). Fino adesso abbiamo parlato del musicista, delle collaborazioni, ora ti chiedo cosa possiamo imparare da Prince come uomo d’affari? L’utilizzo di Internet fino al passaggio a Tidal. Che eredità ci lascia?

È molto interessante questa sorta di dibattito tra i fans su quanto lui fosse bravo negli affari, perché molte delle decisioni che ha preso all’epoca sono sembrate strane ma si sono poi rivelate ottime, a fatto compiuto. Non penso che abbia sempre preso la decisione migliore, non sempre, ma penso che se si guarda alla sua carriera era sempre guidata da desideri puri. Uno era quello di creare musica, il più possibile, l’altro era di essere pagato adeguatamente per questo e questi due mi sembrano più che giusti. Gli si potrebbe obiettare che cercava sempre il prezzo più alto e questo qualche volta gli impediva di fare cose che avrebbero potuto essere interessanti, oppure occasionalmente questo poteva essere un ostacolo. C’è quest’intervista, penso fosse nel ’96 più o meno, dove lui si stava vantando con il giornalista dei suoi soldi e poi dice verso la fine: “vedi, non sono i soldi, quanto la libertà che mi danno di fare ciò che voglio, perciò prendo i soldi che mi danno e poi mi metto sul palco con Larry Graham o Chaka Khan.” Così era in grado di aiutare la carriera di altre persone. Una delle cose che mi ha colpito era sapere quanta beneficenza facesse poco prima di morire. Abbiamo sempre saputo che aveva inclinazioni caritatevoli, ma faceva spettacoli in alcuni posti per aiutare appositamente alcune associazioni. L’ultima volta che l’ho visto dal vivo a Londra stava suonando a un concerto per aiutare i bambini affetti da autismo e aveva programmato di farlo pagandosi il viaggio, questa cosa è straordinaria. Faceva queste cose continuamente nel corso di tutta la sua carriera; usava il suo potere per fare cose buone per lo più, non era una persona venale, la cosa per cui voleva soldi era la musica. Viveva per la musica era una persona che voleva essere in studio tutto il tempo e qualunque cosa fosse d’intralcio veniva rimossa con i soldi.

10 marzo 2018

Il tuo libro è denso di sorprese. Non sapevo che avevano iniziato il tour di Gold in Inghilterra con una scenografia mastodontica, che è stata mollata in giro per il paese man mano che il tour procedeva. Probabilmente qualcuno ha in cantina un pezzo della scenografia di un tour di Prince. Tutto ciò descrive bene chi fosse Prince. E gli errori che faceva. Errori che, ne sono convinto, ha pagato in prima persona. Ogni volta che faceva uno sbaglio ne soffriva. Cosa avrebbe potuto fare per cambiare la sua vita? Penso soprattutto al periodo della battaglia contro la Warner. Cosa avrebbe dovuto fare per ottenere un trattamento diverso?

È interessante quello che dici; il periodo di Gold Experience è uno di quei periodi che, se facessi un’altra versione del libro, mi interesserebbe andare ad analizzare ancora. Penso ci fosse molta roba buona in quel periodo che non era necessariamente evidente qui in Europa. Quello accadeva in America, poiché stava facendo tanti spettacoli là e i notiziari britannici riportavano tutto in maniera molto critica. Sembrava che avesse perso la testa ed è stato l’unico periodo in cui ho iniziato ad avere dei dubbi su di lui. Questo prima che scrivessi il libro. Dubbi solo come fan. Mi piaceva la musica, ma ero scoraggiato; inizialmente non l’ho comprato: penso che The Gold Experience sia stato il primo album che non ho comprato appena è uscito e poi l’ho sentito a casa di qualcun altro, che è piuttosto insolito per me. E poi: eccolo lì era fantastico, sorprendente e mi chiesi perché non ne sapevamo niente? Gli amici non lo avevano sentito. Il suo profilo era al minimo storico. La gente non lo capiva.

Fu un errore litigare con la Warner?

Se si guarda alla sua carriera io penso che si possa dire, lo dico nel libro, che il contratto con la Warner che lui ha lasciato scadere prima del tempo, è stato un cattivo contratto. Anche il modo in cui apertamente lo gonfiava e lo sventolava. Tutto quello che voleva era lo stesso contratto di Madonna. Fecero un contratto molto significativo, ma era tutto fumo e niente arrosto; era una cosa del tipo tu vendi questo numero di copie, e otterrai tot milioni. Se farai questo avrai un anticipo più grosso nel prossimo album. Il contratto non era buono come sembrava. In parte è il motivo per cui voleva tirarsene fuori. Lui aveva un’idea: era buono sulla carta per attirare i riflettori, ma in realtà si è rivelato non essere così buono come lui sperava. E penso che liberarsi di tutte le persone che gli stavano attorno al tempo è stato un errore perché aveva davvero un bel gruppo di collaboratori. Non è stato creativamente il suo momento più alto, ma commercialmente è stato piuttosto fortunato e ha contribuito a rimetterlo in carreggiata. Solo più tardi ha cominciato ad avere problemi. Sì, ci sono state cattive decisioni. Il suo talento ha dimostrato che c’era sempre della roba buona che usciva fuori. Oddio, alcuni degli album di quel periodo non erano tanto buoni, ma contenevano canzoni fantastiche: era parte della sua vita. Confrontiamo la vicenda di Prince e la Warner con artisti dello stesso calibro. Prendi Bob Dylan che è rimasto sempre con la Columbia e ha attraversato i suoi problemi negli anni ’80, ma per lui è andato tutto bene e non ha avuto conseguenze. O Neil Young che ha avuto problemi con un’etichetta che lo ha querelato per aver fatto un album non presentabile. Con Prince avremmo preferito che fosse tornato alla Warner o a un’altra etichetta. Guardando a quel periodo la cosa che si può dire è che molta della sua musica non ha raggiunto un pubblico così vasto come avrebbe dovuto; ha perso molti fans in quel periodo. Quelli che sono rimasti si sono appassionati ancora di più, questo è il lato positivo; la sua musica non era inascoltata, l’hanno ascoltata i fans, ma tutti gli altri non l’hanno sentita: le vendite erano bassissime. Penso che non abbia ottenuto di nuovo il grande successo di vendite fino a Musicology, Rave non è stato un grande successo commerciale in termini di vendite e penso che sia passato parecchio prima che di tornare ai suoi soliti livelli.

Ho ancora un paio di domande per te. Posso andare avanti?

Certo

Hai fatto un sacco di interviste per il tuo libro. Con chi vorresti parlare ancora oggi?

Ne hai citate tre che sono molto interessanti: Wendy, Lisa e Susanna. Ma penso che la persona con cui davvero vorrei parlare più a lungo sia Eric Leeds, perchè sono riuscito ad intervistarlo solo tramite internet ed era molto abbottonato. Alan Leeds, suo fratello, era molto più aperto e penso di aver ottenuto da lui tutto quello che potevo. Se riparlassi con Eric, non so se sarebbe più aperto. Credo che a un certo punto della sua vita potrebbe essere disposto a raccontare l’intera storia. Teneva dei diari. Penso che questo sia il tipo di materiale interessante e denso di informazioni. La questione è: Wendy e Lisa e Susanna, hai ragione, sono musiciste estremamente intelligenti e brillanti, Wendy è fantastica, ma ci sono molti musicisti che possono dire tanto e che ricordano tutta la storia quando parli con loro. Ci sono altre persone che intervisti, persino ingegneri, che non ricordano ma che dovrebbero ricordare. Non tirerai fuori molto da loro. C’è bisogno di persone che possono dirti cose che non sai o che ti raccontino quello che altre persone non ti hanno detto. Penso che questo sarebbe davvero il non-plus-ultra.

Eric era di grande ispirazione per Prince

Infatti. Loro hanno trascorso molto tempo insieme. Suo fratello Alan mi ha detto che Eric era un musicista sofisticato e che Prince lo ascoltava. Voleva avere conversazioni con lui e parlava con lui di musica in un modo in cui non faceva necessariamente con altre persone. È interessante che dopo la sua morte siano usciti alcuni articoli con altri membri della New Power Generation della metà degli anni ’90 e non mi dispiacerebbe parlare con loro perché non mi hanno voluto parlare all’epoca del libro.

Pensi che prima non ti avessero parlato a causa del contratto che Prince faceva firmare loro?

Sì, questa cosa è uscita spesso mentre stavo scrivendo il libro. Dopo che ho parlato con Wendy e Lisa è uscito un articolo sulla rivista Spin dove Prince era in copertina; era un articolo (penso) su Purple Rain. Ho capito che Prince fosse piuttosto sconvolto al pensiero che loro fossero riusciti ad avere la sua faccia in copertina senza parlare con lui. E del fatto che parlavano della musica che aveva fatto in passato e non di quello che avrebbe fatto in futuro. Dopodiché penso ci furono minacce legali a questo riguardo e verso queste persone. Ci sono state molte persone che hanno firmato quel documento, non potevano o non volevano parlare, perciò penso che sia proprio così e penso che ci siano persone che…

Vedo che ne soffri pure tu

Guarda, è una questione complicata, perché da un lato vorresti che le persone attorno a Prince fossero state leali verso di lui, e noi possiamo capirlo, ma anche come scrittore ho il diritto di ascoltare. Non stavo cercando materiale da sfruttare, cercavo di scoprire di più della storia, perciò volevo che le persone parlassero e lo facevo nel modo più rispettoso possibile. C’è sempre quel conflitto tra Prince, che non vuole che niente esca fuori persino a discapito della sua carriera e della sua musica e tutto il resto, e il desiderio di uno scrittore, io o chiunque altro, di scoprire di più. Non stiamo cercando di uccidere il mistero o di ridurlo, stiamo solo cercando di scoprire di più. Ne vuoi sempre di più. Questa è stata la ragione per cui ho iniziato a scrivere il libro. Da bambino, da adolescente non riuscivo a capire cosa fosse successo tra Sign o’ the times, Love sexy e poi Batman e Graffiti Bridge.

Aveva sconvolto tutti quel cambiamento

C’era un buco nero; guardando quel passaggio e anche quelli dei bootlegs pensavo: c’è un cambiamento radicale in atto qui e non lo capisco, non capisco come è andato da un album all’altro. Quando ho iniziato a scrivere il libro ho capito che c’erano così tanti cambiamenti radicali perché la musica di alcuni periodi veniva da altri progetti o veniva da tempi precedenti. Lovesexy è stato realizzato in un’unica esplosione concentrata, in modo simile il Black Album. Con Batman, con Graffiti Bridge lui stava andando a ripescare nel Vault combinando con roba nuova e poi iniziava a rendersene conto. Insomma, questa è una storia incredibilmente complicata e ci sono sempre strati sopra quello che vedi e poi altri strati. Ci sono tanti misteri da esplorare e questo mi ha portato a scrivere il libro.

Cos’altro ti ha spinto a scrivere?

Riflettevo sulla questione estetica; la maggior parte dei musicisti, quando si guarda alle loro carriere, sono molto lineari, c’è il momento in cui hanno registrato quell’album che ha quel suono, c’era quel periodo nelle loro vite in cui si sono sposati, sono cresciuti e poi hanno divorziato. Poi c’è l’album di rottura. Si vede chiaramente quello che sta succedendo. Ma con Prince no. Lui stava seminando indizi. Ancora dopo tutto questo tempo, dopo tutta la ricerca che ho messo in campo, ci sono ancora elementi che sono misteriosi. Pensi solo: perché se ne è uscito con quella canzone? da dove è venuta quella canzone? perché ha citato improvvisamente quell’indirizzo? Ecco perché era brillante e non sembra nemmeno che lo facesse apposta, sembra che questo semplicemente succedesse, che gli accadesse naturalmente.