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21 aprile 2022

Quest’anno ho pensato di pubblicare un post sul 21 aprile dopo il 21 aprile. Non sono tanto bravo a scrivere e non ho la fantasia di chi inventa romanzi, fa citazioni latine, partecipa a gare di poesia, racconta del primogenito e del secondo genito su fb. Tutti questi bravi autori raccolgono centinaia di cuoricini, anche grazie allo specchio riflesso della musica di Prince. Bravi, bravi, bravi.

Qui ci siamo solo noi due, con la nostra stella polare. E poi ci sono gli amici + cari. Grazie a Paula, Luisa G, Frà DP, Nikka e Albert1. Grazie per le vostre parole e la vostra amicizia. Per questo 21 aprile, che come nel 2016 si è ripresentato di giovedì, ho lasciato scorrere i social, i ricordi, aspettando che passasse il giorno e che tutto si svolgesse. In questo post raccolgo le cose più belle che ho visto in giro.

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blog · Manca sempre uno per fare trentuno (ventuno)

21 aprile 2021

“Quest’anno cosa t’inventerai su Prince?” mi chiede un amico.
Scocciato gli domando: “Perché usi quel verbo?”
“Quale verbo?” mi chiede l’amico un po’ stupito.
“Inventare. Inventerai hai detto. Non mi devo inventare nulla su Prince”, insisto io.
L’amico cerca di rimediare: “Inventare nel senso di creare”.
“Non c’è nulla da creare. Ciò che scrivo sul Trentuno Ventuno è già dentro di me. Non devo inventarmi nulla. Non devo creare nulla. Devo guardarmi dentro e trovare le parole che riflettano cosa provo”. Con questa frase immagino che la questione sia risolta.
Eppure l’amico insiste: “Va bene, va bene, riformulo la domanda: come ti senti per l’anniversario della morte?”
Se prima ero scocciato, ora mi sta stufando: “Come fai a parlare di anniversario? Non c’è nulla da celebrare”.

Ho a che fare con questa realtà: da cinque anni Prince non c’è più. Non ci sono più le sue armonie e le sue ritmiche. Non ci sono più le sue ballerine e i suoi musicisti. Le dissonanze e le assonanze. Non ci sono più le sue idee rivoluzionarie sul marketing. Rivoluzioni che ha quasi sempre fatto in anticipo sui tempi. Non ci sono più le sue opinioni paradossali e controverse. Non distribuisce più diamanti e perle. Mi manca la sua insulsa gestione degli affari. Mi infastidiscono queste bande di artisti da due soldi che dobbiamo sopportare; si sono autoeletti rappresentanti della sua eredità, mentre quando lui era in vita lo snobbavano.

Siamo qui a misurare i giorni, i mesi e gli anni, ma quei 5 anni che sono passati dall’ultimo concerto, dall’ultima biciclettata e dall’ultima uscita in pubblico non esistono. Il pubblico che si allontana dalla forza di gravità della massa artistica si troverà in un tempo accelerato. Il tempo è figlio dell’essere mortale e come tale non può essere confrontato con la natura divina di Prince. Prince non misurava il tempo e per lui esisteva solo una cosa: la verità. 

Qual è la mia verità?

Della morte di Prince ho fatto fatica a crederci. Mi sono dato diverse risposte. Per qualche tempo ho immagino che la morte di Prince fosse l’ennesima operazione discografica. Dopo la prima morte artistica del 1993, questa del 2016 poteva essere un grande esperimento di marketing. In un primo momento l’avrebbe reso immortale. Ma l’esperimento sarebbe stato interrotto, che ne so, tra 7 anni, con un grande rientro di un Prince redivivo. Sono un po’ blasfemo, lo so, ma questi pensieri sono dentro di me.

Poi ho pensato che se ne fosse andato senza dirci addio. E siamo rimasti con quell’ultima frase: aspettate qualche giorno per dire le vostre preghiere. Tra l’ironico e il triste. Un uomo che stava aspettando indifeso la propria fine. Oppure un artista che usava l’ennesimo trucco retorico per attrarre gli interessi del pubblico?

Eppure Prince non l’abbiamo mai visto in difesa. Era sempre all’attacco per uscire dal proprio guscio di povertà provinciale. Acquisirà sicurezza entrando nei Testimoni di Geova. Creatore di domande e in cerca di risposte, aveva abbracciato una religione che, per definizione, non aveva nulla di sbagliato. Gli vietava le trasfusioni di sangue e gli permetteva l’abuso di antidolorifici, risultando letale per il suo corpo magro e esile. Una contraddizione che lo rendeva più umano di quanto lui non pensasse di essere, sbagliando nel credere di avere un rapporto privilegiato con l’aldilà.

Non sto molto ad ascoltare le verità degli altri, perché mi sembrano costruite con la libertà di chi sa che Prince non potrà più contraddirli. Quell’accordo di riservatezza che faceva firmare ai suoi collaboratori sembrava a difesa della sua privacy. Era anche uno muro eretto per dissuadere questa schiera infinita di ciarlatani che usurpavano il suo nome. I ladri nel tempio sono tornati. Ora raccontano storie inverosimili e s’impossessano della sua firma.

Ci sono i presunti linotipisti che, forti delle loro rendite di posizione, insistono nel volere  rappresentare i diritti (senza i doveri) della discografia. In questa maniera credono di rispettare la memoria di Prince, ma riescono solo a creare disappunto, allontanando quel poco di buono che la coda lunga sa produrre. 

Nel mio piccolo, rimango sulla riva del fiume e attendo che passi la tempesta. Proviamo a produrre un poco di ossigeno con la fotosintesi clorofilliana, così come Prince ci aveva alimentato con la sua miscela di funk e rock. Non mi faccio più illusioni. Sono convinto che la musica di Prince sia un elemento della natura che ci circonda.

Guardo quel bellissimo gatto nero che miagola da sopra il tetto della casa di fronte. Si allunga e si stira mentre con ritmo sincopato controlla ogni singola mattonella. Non si perde un movimento dei volatili che saltano da un’antenna all’altra. È il padrone di quel microcosmo in orbita sopra le nostre teste. È tutt’uno con il palco che attraversa. Lo possiede, come nessun’altro. 

Questo era Prince. Un uomo che era diventato musica. Lo adoravamo per questo; non aveva altre ragioni di vivere se non la musica. Se non la sua chitarra e il suo piano. La sua batteria e il suo basso. I suoi musicisti e le sue ballerine. I suoi assoli e i suoi testi. Quando se n’è andato, per non tornare più, si è portato via tutta la magia. Una magia che aveva priorità sulla sua vita.

“Come stai?” mi domanda il solito amico.
“Sto bene, grazie”.
“Allora, perché non scrivi più sul Trentuno Ventuno?”
“Perché manca sempre uno per fare Trentuno Ventuno…”

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21 aprile 2019

e così siamo arrivati a 3 anni dal 21 aprile 2016. 3 anni senza Prince. sono 3 anni da quel giorno di primavera. la primavera: gli stessi vestiti sono troppo leggeri per la mattina e troppo pesanti per la sera. e tu lo sai, non mi piace l’inverno. ma è indispensabile perché ci sia l’estate. i mari si raffreddano. i mari si riscaldano. c’è il bello, c’è il brutto. la luce e l’oscurità. skywalker e tu possa vedere l’alba. chelsea rodgers e condition of the heart. l’albero che abbiamo piantato all’idroscalo di milano sta crescendo.

«Si alza il vento!… bisogna tentare di vivere»

Ciao Prince

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21 aprile 2018

Come ogni anno, tengo un profilo basso intorno al 21 aprile.

Osservo con una certa distanza gli avvenimenti di paisley park anche se un po’ vorrei essere lì.

Quest’anno in più c’è stato il video girato subito dopo la morte di Prince; non ho capito se fosse obbligatorio pubblicarlo, ma farlo intorno al 21 aprile ha avuto un effetto da macchina del tempo. Lui sdraiato vicino all’ascensore; siamo tornati indietro a quei giorni. Oggi ho letto una lettera di Andy Allo del 2011, pare fotografata dalla polizia dentro Paisley Park. E poi c’è il video di Kirk che va a prendere medicine. Un gruppo di persone “senza talento” che lo circondavano, perché sapevano di non essere nulla senza di lui.

Se non verrà fuori qualche novità, la morte di Prince sarà solo colpa di Prince. O del caso.

Questo dicono i fatti.

Avete voglia di dirmi come avete passato questi giorni?

da facebook

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21 aprile 2017

Un anno fa alle 9:30 circa (16:30 italiane) Prince è stato trovato senza vita a Chanhassen. Chi mi conosce sa l’importanza che la musica di Prince ha avuto sulla mia vita. Le sue canzoni hanno accompagnato tutti i momenti più importanti della mia quotidianità che non potrei elencarli qui senza dimenticare qualcosa.

Anche se la sua assenza ha un sapore surreale, quel momento quando ho letto su Facebook che la polizia era a Paisley Park è fisso nella mia testa.

Ricordo perfettamente i nostri visi tristi quando eravamo a casa.

Ho ancora quel magone nascosto in qualche cassetto delle mie emozioni, un magone che già conoscevo bene. Il giorno dopo mentre tornavo a lavorare le lacrime scendevano lentamente sulla mia guancia, mentre le persone assonnate si preparavano al weekend con i loro trolley.

Ma dal 22 aprile Prince non c’era più e con lui è morta una parte della mia vita.

Non ho più 17 anni quando, mentre uscivo, a Milano c’era il concerto di uno che voleva tutti vestiti con i colori pesca e nero. Non ho più 18 anni quando, contro il giudizio di tutti i miei amici, ho comprato in Corso Buenos Aires il Lovesexy. Non ho più 19 anni quando come colonna sonora di un video con mia zia e mia mamma ho messo il suo Batman (e solo Giuliano se n’è accorto). Non ho più 20 anni quando ho ascoltato alla radio il funk di New Power Generation di Graffiti Bridge. Non ho più 21 anni quando a militare ad Albenga davano su MTV continuamente il video di Money don’t matter 2nite. Non ho più 21 anni quando in Piazza Bottini ho comprato Sexy Mf (cd e videocassetta). Non ho più 22 anni quando ascoltavo solo e soltanto e sempre il Love Symbol. Non ho più 23 anni quando a Bibione sul giornale c’era scritto che non si chiamava più Prince, ma neppure Victor. Non ho più 24 anni quando comprai Come, The Black Album e The Exodus, 3 album nello stesso anno. Non ho più 25 anni quando Prince era solo su Internet. E pure io esistevo solo su internet. Non ho più 26 anni quando comprai Emancipation ma (cazzo!) non avevo il lettore cd sull’auto della ditta. Non ho più 27 anni quando a Boston sul piano del residence dove dormivo suonai e cantai Starfish and Coffee e ricevetti il mio primo (e unico) applauso all’estero. Non ho più 28 anni quando sull’esempio di Days of Wild, scrissi Solosolo (che sarà il mio inno). Non ho più 29 anni quando imparai Bambi alla chitarra. Non ho più 30 anni quando tornò Prince. Non ho più 31 anni quando uscì The rainbow children e conobbi la magia della batteria suonata da John Blackwell. Non ho più 32 anni quando andai a vederlo per la prima volta dal vivo e pensai “che voce bassa che ha quando parla”. Non ho più 33 anni quando a Bruxelles a un piano suonai Condition of the heart ❤️ e Raspberry Beret davanti a un piccolo pubblico stupito perché si aspettava la Pausini o Nek. Non ho più 34 anni quando 3121 in italiano mi diede l’idea del nome del blog. Non ho più 35 anni quando giravo da solo per Berlino a fare foto grazie alla forza della sua musica.

Tutto questo è morto il 21 aprile del 2016. Tranne ciò che è iniziato l’estate del 2006 quando tu mi hai scritto una mail e contro le persone che ci giudicano è nata la nostra bellissima storia. D’altronde c’era una scala da salire e la stiamo scalando. Con uno come Prince non puoi fare finta di essere qualcun altro, come fanno quasi tutti intorno a me.