Manca sempre uno per fare trentuno (ventuno)

Canta Tu

Tratto dal mio libro: “Manca sempre uno per fare Trentuno (Ventuno)”

Nel 1989 nella mia vita c’era solo la musica. C’era solo scrivere canzoni e suonarle. Avevo separato le mie strade dall’amico che voleva suonare con me e ne avevo trovato un altro che sembrava avere tutte le caratteristiche per diventare la mia principale ispirazione: Prince. Di Prince non m’interessavano molto le escursioni erotiche, le conquiste femminili o le immagini effeminate che trascinava con se. Mi interessava il suo modo di approcciare lo strumento musicale, quale che fosse. Avevo una sensazione: Prince aveva già capito tutto e poteva insegnarmelo.

Di pari passo, però, non funzionava più la mia passione scolastica per i computer. Bocciato in quarta superiore, ero maggiorenne e avevo tutte le carte a disposizione per uscire dalla gabbia dorata e prendere il volo. Ma questo non era previsto da noi. Tutti avevano sacrificato se stessi per un bene superiore: la famiglia. Chi era uscito dalla nostra famiglia, l’aveva fatto per entrare in un’altra. C’era già l’eccezione e non avevo l’energia necessaria per scappare anch’io. Non c’era riuscita mia madre, che avrebbe dovuto farlo qualche tempo prima e così mi allineai nel suo modo di stare al mondo: lasciare che le cose andassero avanti senza cambiarle, tenendo un giocattolo privato solo per me. I miei pensavano che quel silenzio che mi circondava fosse dovuto a una sorte di frustrazione sessuale che non sapevo esprimere, ma tutto girava intorno alla mia scarsa autostima, alimentata da anni di frasi, battute e ironie proprio dei famigliari. Vedevo, ma allontanavo le ragazze che cercavano di fare un pezzo di strada con me, rimanendo nella mia continua depressione, come un lungo e placido fiume che accompagnava la mia barca verso il mare. Verso quell’oceano di acqua che vedo all’orizzonte oggi. Finalmente.

L’informatica doveva essere la mia professione, ma era rimasta al palo e l’unico modo per applicarla in qualcosa di mio era la musica. Poi c’era Prince; lui faceva (quasi) tutto da solo. Sì, c’era la sua band, ma l’idea, la creazione e la realizzazione erano sue. Non sapevo ancora tutta la sua storia, ma qualcosa mi era stato trasmesso. Proprio come piaceva a me, per creare qualcosa di originale non era necessario nessun altro.

Quando arrivò il momento di aggiungere un pezzo alla mia collezione di strumenti musicali, la scelta cadde sul Korg M1, che si mostrava in giro per i palchi e le televisioni di tutti il mondo. L’M1 era una tastiera completata da un registratore multi-traccia digitale. In un periodo dove i risultati scolastici erano appena sufficienti, peggiorati dall’avere distrutto l’amplificazione casalinga, la reazione di mio padre fu quella di volermi regalare il Canta Tu. Fu un vero affronto, che mi offendeva. Io mi vedevo sui palchi a suonare e a cantare, lui mi voleva relegare in casa a fare il karaoke. Per chi, poi? Non mi conosceva; non vedeva come gli amici se n’erano andati da tempo? Il Canta Tu era onanismo musicale, che non avrebbe fatto altro che ostruire di più tutte le mie relazioni esterne. Sapevo, però, che dietro alle parole di mio padre non c’era lui, ma suo padre. Una sorta di tradizione famigliare, che 30 anni prima gli aveva negato una carriera sportiva e che ora avrebbe chiuso la mia passione artistica.

Le famiglie sono così. Bene lo sa Prince che grazie all’assenza – vera o presunta? – della famiglia riuscì nel suo intento di diventare un musicista. Che poi lui sia riuscito a diventare una superstar internazionale, quello è un dettaglio. Prince voleva la musica, così come la musica voleva lui. Quei giorni e le notti nello studio di Chris Moon a incidere sul multi-traccia altro non erano che il template della sua vita: l’esempio che poi avrebbe esportato in tutto il pianeta.

Korg M1” by deepsonic is licensed under CC BY 2.0.

Il tentativo di mio padre di regalarmi il Canta Tu fu davvero timido e una volta sconfitto dalla mia testardaggine, qualità che non avrei mai più esercitato, egli giocò la carta del permaloso: “se vuoi comprarti quella tastiera, te la paghi tu!”. Io che volevo fare della musica la mia vita, raccolsi i soldi tra le mance del tempo, i miei risparmi e pagai di tasca mia il Korg M1, che, dopo avere svuotato il mio conto in banca, entrò con orgoglio nella mia vita. Ma non entrò nella mia camera, perché questa era presidiata da mio fratello che vietava l’ingresso a qualsiasi persona od oggetto che potesse disturbare la sua quiete, con il silenzio assenso dei nostri genitori.

Nacque con il Korg M1 la mia carriera di creatore di canzoni. Nella solitudine, nella sincerità e nella realizzazione delle mie idee. Solo le mie idee e il mio cuore. Nel bene o nel male.

Prince: ci sono (artisti) talentuosi e sofisticati. Possono creare i loro album su computer portatili. Possono fare l’artwork da soli. Possono consegnarli via Internet. Possono avere un proprio servizio di distribuzione. Insomma, a cosa ci servono davvero le case discografiche? Voglio dire, davvero.
MTV: Avrei uno o due amici senza lavoro e spero che trovino qualcos’altro da fare. Sì, perché anche tu hai amici nell’industria.
Prince: Oh, sì. Sai, sto solo cercando di parlare con loro, e non è che siamo contro di loro o cose del genere. L’idea è quella di trovare modi migliori per lavorare insieme. Non dovrebbe essere una situazione in cui loro possiedono l’album o il lavoro. Stiamo parlando di diritti d’autore intellettuali. Probabilmente rimuoveranno nel montaggio tutto questo, ma… Lo dirò comunque. Detto questo, se riusciamo a lavorare insieme, tutti si troveranno in una situazione in cui faranno ciò che sono qualificati a fare. Se devono essere effettivamente un servizio di consegna, allora va bene. Ma nemmeno FedEx dice di essere proprietaria di ciò che spedisce. Giusto? (imitando FedEx) Faremo una copia e la terremo qui, poi ne faremo una copia da dare a tutti gli altri.
MTV: Basta parlare di affari. Parliamo di nuovo di arte. Abbiamo qui Cheryl, credo, con una domanda.
Cheryl: Ciao, Prince. Sono una fan di lunga data. È un piacere parlare con te. Prima hai parlato di ispirare le persone a prendere in mano uno strumento. Credo che stessi parlando di bambini. Beh, io sono una di quei bambini che ha comprato da poco la sua prima chitarra acustica. Non ho ancora idea di come suonarla. Questo cambierà. Mi chiedevo se con questo tour, visto che è in tema con la scuola, vuoi che la gente venga ispirata a prendere in mano uno strumento? O ti accontenti che la gente venga via solo ispirata e abbia un nuovo apprezzamento per la vera musica?
Prince: Entrambe le cose. Una cosa che ritengo molto importante è che se i ragazzi non imparano il mestiere di scrivere canzoni e di suonare strumenti, strumenti veri, e di fare musica vera, allora perderemo questa forma d’arte, che si baserà solo sulla tecnologia. E non credo che ci sia molto cuore in questo.

Prince intervistato da Bill Welychka, 22 settembre 2004.

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